Una parabola di tre amori: Myskin e Nastàs'ja, Aglàja e Myskin, Nastàs'ja e Rogòzin: "Se davvero tutte queste sono forme d'amore, ebbene è il concetto stesso di amore che ci si dissolve tra le mani, come una chimera che può assumere le forme più assurde e contradditorie, fino a far perdere qualsiasi senso al suo stesso nome". Un romanzo intessuto di tutti i principali temi della narrativa dostoevskiana, del dilemma dell'esistenza; un racconto polifonico di personaggi ambigui, non conclusi, che ruotano attorno alla figura del principe Myskin. Egli non è un profeta, né un cercatore di Dio che spera di trovare la Verità, un credo che gli sveli il significato della vita; no, l'"idiota" è un malato, a metà strada tra l'angelo e l'uomo, "uno che cerca nell'intimo della sua coscienza le motivazioni essenziali del suo modo di essere, evitando da una parte le insidie della volontà di autoaffermazione, e dall'altra ogni tentazione di voler rappresentare un modello o un esempio per gli altri, di pretendere di indicare a essi la via. Il mondo gli appare come un immenso enigma, che ora lo riempie di gioiosa e ammirata esultanza, ora invece gli fa avvertire una dolorosa stretta al cuore per lo struggente sentimento di essere l'unico estraneo a quel 'banchetto'".