Chi si avvicina a Stevenson sa, e se non lo sa se ne accorge presto, che è stato un grande scrittore, uno degli stilisti più versatili della letteratura inglese, certo non uno scrittore 'per ragazzi'; ma subito se ne dimentica affidandosi alla corrente dell'avventura, al suono, al ritmo, agli odori della vita aperta. Si sa che per gli scrittori la letteratura è una parte decisiva dello stare al mondo; meno ovvio il fatto che, quando sono veri scrittori, preservino una zona della propria persona completamente sgombra d'idee e preoccupazioni letterarie. In fondo gli scrittori se ne fregano della letteratura, altrimenti non potrebbero farla. Stevenson è un raro esempio di autore che, nel corpo e nella mente dei suoi colleghi, va a occupare un territorio indefinito e mutevole, completamente dentro e completamente fuori della letteratura. Stevenson è uno scrittore che giustifica insieme vita e letteratura, perché sa che sono due cose incommensurabili, ciascuna a suo modo necessaria e inutile, ciascuna a suo modo orribile e bella. Nelle sue pagine questa consapevolezza è presente sempre, e si scioglie e si dimentica nella grazia della persona fatta voce.