John Godolphin Bennett nasce l’8 giugno 1897 da madre americana e da padre inglese, il maggiore di tre figli. La madre apparteneva a una vecchia famiglia pre-rivoluzionaria del New England e il padre lavorava come corrispondente per la Reuters, l’agenzia giornalistica internazionale.
Sebbene Bennett faccia pochi accenni alla propria infanzia nella sua autobiografia
Testimone, in altri scritti riconosce di dovere molto alla madre per avergli instillato l’etica del lavoro e della tolleranza. Avendo trascorso i primi anni della sua infanzia in Italia, apprese a parlare l’italiano prima dell’inglese, il che pose le fondamenta di una straordinaria facilità all’apprendimento delle lingue che gli avrebbe poi permesso, nel corso degli anni, di conversare con molti maestri spirituali, tra i quali Gurdjieff stesso, nella loro lingua madre oltre che consentirgli di studiare i testi sacri indù, buddisti, islamici e cristiani nella versione originale.
Per Bennett l’educazione scolastica si concluse con il diploma; non sfruttò mai la borsa di studio in matematica che aveva ricevuto dall’Università di Oxford poiché gli avvenimenti della sua vita si succedettero così velocemente da non dargli mai più tempo di tornare indietro. Eccellente sportivo, fu capitano della squadra di rugby della sua scuola e continuò a giocare anche nell’esercito. Si ruppe un braccio una volta e la clavicola due volte, ed ebbe poi ad affermare che queste esperienze gli donarono, già in giovane età, una preziosa libertà e indifferenza rispetto al suo corpo.
Durante la prima guerra mondiale, all’età di ventun’anni Bennett divenne capitano nel corpo del Genio britannico. La guerra lo portò a una delle esperienze decisive della sua vita: gravemente ferito alla testa, giaceva in stato di incoscienza su un tavolo operatorio quando ebbe un’esperienza extra-corporea, che lo convinse del fatto che vi è qualcosa nell’uomo in grado di esistere indipendentemente dal corpo. Durante la sua convalescenza avendo visto che l’esercito cercava ufficiali per il servizio segreto nel Vicino Oriente, Bennett si iscrisse a un corso di lingua turca, ritrovandosi poi ad occupare una posizione molto delicata tra Britannici e Turchi a Costantinopoli. Nel 1921, in seguito alla Grande Guerra e alla Rivoluzione russa, Costantinopoli divenne il punto di passaggio obbligato attraversato il quale transitavano molti profughi diretti verso l’Occidente, e parte del lavoro di Bennett consisteva nel monitorare i loro movimenti. Tra questi “profughi” vi furono due uomini alquanto straordinari: G.I. Gurdjieff e P.D. Ouspensky. Gli incontri saltuari con Gurdjieff e Ouspensky a Costantinopoli segnarono la direzione della sua futura ricerca spirituale; tuttavia quando questi si trasferirono in Europa, Bennett rimase in Turchia.
Al suo ritorno in Inghilterra, Bennett fu interpellato in quanto esperto in affari Medio Orientali. Avrebbe potuto facilmente intraprendere una carriera pubblica e fu anche invitato a candidarsi per il Parlamento, ma gli era ormai chiaro che la ricerca spirituale avrebbe avuto la priorità nella sua vita. Nel 1923 rinnovò i contatti con Gurdjieff e trascorse tre mesi all’Istituto Gurdjieff in Francia. A dispetto della brevità del suo soggiorno, fu testimone di avvenimenti che lo convinsero delle capacità di trasformazione spirituale dell’uomo e del fatto che Gurdjieff fosse in possesso di una conoscenza e comprensione profonde delle tecniche per realizzarla. Bennett fu invitato a passare due anni presso l’Istituto, condizione per poter ricevere un aiuto significativo nel suo progresso spirituale. Col senno di poi, sembra strano che Bennett si sia sentito comunque spinto ad andarsene, ma in quel momento si trovava in difficoltà finanziarie e aveva bisogno di mettere in ordine i propri affari. Sebbene fosse sua intenzione tornare da Gurdjieff quanto prima, i due non dovevano più incontrarsi fino al 1948! Tornato in Inghilterra, Bennett si unì a Ouspensky e ai gruppi da lui guidati che studiavano il “sistema” da questi appreso da Gurdjieff; rimase con Ouspensky per quindici anni, iniziando nel 1941 a condurre i propri gruppi e a tenere conferenze pubbliche.
Coloro che venivano ad ascoltarlo si trovavano davanti una figura alta, imponente, dagli occhi azzurri e dall’aspetto giovanile per la sua età. Uomo timido e di poche parole, possedeva un intelletto che in alcune persone incuteva timore. Le prime volte che iniziò a parlare in pubblico apparve insicuro, ma ben presto abbandonò l’uso di appunti e da quel momento in poi si espresse sempre liberamente. Col passare degli anni, le sue conferenze divennero uno dei modi principali attraverso i quali sviluppava le sue idee, e mentre parlava letteralmente andava elaborando concetti “su due piedi”. Nel 1946 Bennett acquistò Coombe Springs, una proprietà di sette acri a sud-ovest di Londra comprendente una villa dell’epoca edoardiana, che per vent’anni fu un centro studi in grado di attrarre centinaia di persone. Pubblicamente Bennett continuò a esporre le idee di Gurdjieff, sebbene privatamente la sua vita interiore fosse in tumulto. Era stato ripudiato da Ouspensky nel 1945 e aveva inoltre perso i contatti con Gurdjieff, che aveva a lungo ritenuto il proprio insegnante, credendolo ormai morto.
La scoperta nel 1948 che Gurdjieff era ancora in vita e che si trovava a Parigi fu quindi altamente significativa. Nei rimanenti diciotto mesi prima della morte di Gurdjieff, che avvenne il 29 ottobre del 1949, Bennett non perse occasione di recarsi a Parigi nonostante i pressanti impegni professionali, e nell’estate del 1949 vi trascorse un mese lavorando intensivamente con Gurdjieff, un’esperienza che fornì le basi per un’ulteriore significativa trasformazione nella sua vita. Fu un momento di svolta che doveva portarlo nei rimanenti venticinque anni della sua vita a divenire più aperto e compassionevole. Considerando quanto poco tempo avesse effettivamente trascorso con Gurdjieff è straordinario ciò che riuscì a ricavare da questa opportunità.
Nel 1950 Bennett abbandonò la vita professionale, si concentrò sul lavoro di gruppo, tenendo frequenti conferenze pubbliche per mantenere una promessa data a Gurdjieff di fare tutto quanto era in suo potere per diffonderne le idee e farle comprendere. Nel 1953 intraprese un lungo viaggio in Medio Oriente, che lo portò a stretto contatto con la religione dell’Islam e vari ordini Sufi. Al suo rientro in Inghilterra, avviò il progetto per la costruzione del Djamichunatra, una grande sala riunioni a Coombe Springs. L’insolito disegno architettonico a nove lati era basato sull’enneagramma, un antico simbolo presentato da Gurdjieff come emblema delle leggi fondamentali della natura. L’opera richiese due anni per essere completata e alla sua apertura nel 1957 Bennett commentò che il valore reale di un simile progetto era nella creazione di una vera comunità.
A partire dalla metà degli anni sessanta il lavoro a Coombe Springs aveva acquisito un nuovo slancio, ma Bennett era pronto a compiere un altro cambiamento; era entrato, insieme ai gruppi da lui guidati, in contatto con Idries Shah, oggi ben noto esponente del Sufismo, ma che a quei tempi stava appena cominciando ad affermarsi, e a cui Bennett offrì il suo aiuto. In accordo con il suo Istituto per gli Studi Comparati, propose di cedere l’intera proprietà di Coombe Springs a Shah, e la donazione fu compiuta nella primavera del 1966. Poco dopo Shah vendette Coombe Springs a chi volle farne delle abitazioni e il Djamichunatra, con le sue meravigliose vetrate, fu raso al suolo. Molti pensarono che Bennett avesse compiuto un grande sbaglio, ma in verità Shah gli fornì un aiuto reale, permettendogli di liberarsi completamente da un luogo al quale aveva dedicato vent’anni della sua vita. Senza quel sacrificio non è detto che Bennett sarebbe stato poi in grado di intraprendere l’ultimo e forse più significativo progetto della sua vita: l’inaugurazione di una “scuola” per la trasmissione di tecniche di trasformazione spirituale.
Ad ogni modo, questa scuola non venne fondata immediatamente; nei successivi quattro anni, Bennett visse una vita tranquilla in famiglia; aveva sposato Elizabeth Howard nel 1958 dopo la morte della sua seconda moglie, e aveva due figli maschi e due femmine. In seguito, nel 1969, dopo una grave malattia che lo aveva portato in punto di morte, egli intraprese un altro importante passo nella sua vita spirituale, passo che sembrò cambiarlo profondamente: infatti iniziò a nutrire un profondo interesse per la condizione dei giovani, specialmente di coloro che, a seguito dei fermenti sociali e culturali degli anni sessanta, si ponevano serie domande sull’esistenza senza trovare risposte soddisfacenti.
Quale parte della sua ricerca sul loro modo di pensare, Bennett partecipò a un festival di musica rock sull’Isola di Wight. Il risultato di tutto ciò fu la creazione di una “Accademia” per impartire alcuni degli insegnamenti che aveva appreso nel corso di una vita intera dedicata alla ricerca spirituale. Il progetto di istituire l’Accademia suscitò un’inaspettata risposta positiva, in particolare negli Stati Uniti, e nell’autunno del 1971 l’Accademia Internazionale per l’Educazione Continua fu inaugurata nel villaggio di Sherborne, nella contea di Gloucester, Inghilterra. I corsi, della durata di dieci mesi, di cui cinque erano proposti “come esperimento”, si dimostrarono essere un terreno fertile, al punto che molte persone continuano tuttora a lavorare con le idee e i metodi da lui presentati, come egli aveva del resto auspicato. Il suo scopo iniziale, in modo alquanto caratteristico, era di condurre i corsi per poi intraprendere qualcosa di completamente diverso, ma morì il 13 dicembre 1974, poco dopo l’inizio del quarto corso. Quel corso, così come il quinto, furono completati sotto la guida di Elizabeth Bennett. Nei mesi prima della sua morte, Bennett iniziò a immaginare una società sperimentale che desse corpo ai metodi e alle idee che aveva ricevuto da Gurdjieff e sviluppato. Si sforzò molto di superare le divisioni formatesi tra i diversi gruppi di seguaci di Gurdjieff e, cosa ancora più affascinante, prefigurò lo sviluppo di nuove forme di religiosità adatte al mondo moderno, suggerendo che i Movimenti di Gurdjieff rappresentassero appunto una di queste forme.
J.G. Bennett ha lasciato in eredità i valori del dono disinteressato di sé e di una ricerca persistente nel mistero e nel significato dell’esistenza. Egli pubblicò numerose opere, ispirò centinaia di persone nella ricerca della realtà alle spese dell’egocentrismo, e stimolò molti a lavorare con le idee e i metodi da lui trasmessi. Ancora oggi continuiamo a imparare dal suo esempio: chi vuole seguire un sistema di idee di trasformazione spirituale deve praticarle e cercare in prima persona di penetrarne il significato.