Farid ad-din Attar, (Nishapur, 1142 – Nishapur, 1220.Era figlio di un ricco speziale e ricevette un'eccellente educazione. Studiò l'arabo, la medicina e le scienze religiose islamiche. Da giovane aiutò il padre in bottega e alla sua morte la ereditò. Da speziale, i clienti che si rivolgevano a lui gli confidavano tutti i loro problemi medici ed egli ne era spesso profondamente toccato. La leggenda vuole che fu proprio lì che avvenne il suo avvicinamento al sufismo, per opera di un Derviscio che lo rimproverò per l'opulenza delle merci esposte - si dice infatti che ricevesse nella sua bottega "500 clienti al giorno" - invitandolo alla vita meditativa, l'unica in grado di dargli una morte dignitosa: alla richiesta di Aṭṭar che gli venisse fornita prova di ciò, il derviscio si distese a terra e morì. Quest'esperienza avrebbe colpito tanto Aṭṭar da indurlo ad abbracciare immediatamente la ricerca mistica.[2] Infine decise di abbandonare la sua attività e viaggiò moltissimo. Durante la sua permanenza a Kufa, a Mecca, a Damasco, in Turkestan ed in India, ebbe l'occasione di incontrare numerosi maestri (shaykh) sufi. Al suo ritorno promosse il Sufismo.