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De Toffoli D. - Zaccariotto D. - De Rosa M.
Numeri
divagazioni calcoli giochi
Stampa Alternativa
Pag. 246 ISBN: 978-88-6222-052-1
€. 20.00 €. 19.00 (-5%)
Una bambina in età da asilo un giorno mi propose un gioco: “Contiamo i rùmeni?” Io accettai e trascrissi mentalmente lo scambio di consonanti che poi andò ad arricchire una lista di analoghi “errori” infantili, dove erano già il cìmena, la cofaccia e il glorioso “salda navajo” che un’altra mia amica mi assicurava di aver adottato per buona parte dell’infanzia al posto del più comune e banale “salvadanaio”. Quello che la mia inclinazione verso la lingua mi aveva lasciato appena notare è che - li si chiami numeri o rùmeni - contare può essere considerato un gioco, soprattutto prima che la scuola non trasmetta la visione istituzionale e fatalmente penalizzante di aritmetica e matematica.
Molti giochi infantili sono preceduti da una “conta”: una filastrocca divertente, in cui per il tramite della prosodia la lingua diventa uno strumento di conteggio, sillaba dopo sillaba. È aritmetica, rivestita di figure (civette sul comò e Ponte di Baracca), ma sempre aritmetica. Tanto è vero che i bambini più svelti sanno da chi devono cominciare a contare per riuscire a, ovvero evitare di, risultare “sotto”. Sono gli stessi bambini che sanno quale dei quattro punti del corpo previsti toccare per primo perché la filastrocca di Orazio Coclite (”Quando Orazio Coclite / cadde giù dal ponte / nel mezzo del fronte”) finisca appunto sulla fronte. A ogni sillaba della filastrocca la mano deve toccare un punto del rombo costituito da spalla destra, sterno, spalla sinistra, fronte.
La meraviglia è constatare come, se si parte dal punto giusto e non ci si impappina cantando la filastrocca, la mano arriva sempre sulla fronte, tutte le volte. Inesorabilmente. Una meraviglia che poi a scuola diventa croce e delizia dell’aritmetica e della matematica, dove ogni problema ha una e una sola soluzione: non ci sono scappatoie, varianti, aggiustamenti, patteggiamenti possibili. Il risultato è quello a ogni latitudine, sotto ogni clima, in ogni ora della giornata: uno sgomento che la lingua testimonia con il proverbio “due più due fa sempre quattro”. Che noia, viene subito da commentare perché noi privilegiamo la fantasia e l’arte di arrangiarsi.
Aritmetica e matematica, nel discorso corrente e quotidiano, intervengono soprattutto nelle questioni economiche e finanziarie, ed economia e finanza costituiscono probabilmente la corruzione umana della matematica. Diceva Wiston Chirchill: se consulto un economista, mi dà la soluzione a un problema; se ne consulto quattro, lo risolvo in quattro modi diversi. Dobbiamo concludere che la matematica non è un’opinione sino a che è un gioco, mentre è opinabile quando diventa un lavoro? Fino a quando si tratta di un gioco o di un esercizio, la matematica tiene conto di dati stabiliti, dichiarati e circoscritti, mentre quando viene applicata al mondo ognuno elegge a pertinenti solo i dati che fanno comodo al proprio discorso, ottiene i risultati che prevedeva e poi afferma: lo vedete? Lo dicono i numeri.
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