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Raimon Panikkar
La Dimora della Saggezza
Oscar Mondadori
Pag. 154 Formato: 12,5 x 19,5 cm. Anno: 2005-2013 ISBN: 978-88-04-53797-7
€. 11.00 €. 10.45 (-5%)
La saggezza è l'arte della vita. Non si può vivere senza saggezza. I saggi reggono il mondo, dicono quasi tutte le religioni. La modernità però stenta a crederlo, e per questo è ossessionata dal bisogno di sicurezza. Argomento del libro non è però la critica alla modernità, bensì un invito alla saggezza. Un invito ad accettare la sfida di gioire del senso profondo della vita. Vivere un'esperienza nella quale non vi è scissione fra conoscenza e amore, anima e corpo, spirito e materia, tempo ed eternità, divino e umano, maschile e femminile: vivere l'armonia di tutte le polarità dell'esistenza.»
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Scheda dell'autore: Raimon Panikkar
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informazioni sull'Autore: Raimon Panikkar
Raimon Panikkar, nome completo Raimundo Pániker Alemany (Barcellona, 3 novembre 1918 – Tavertet, 26 agosto 2010), è stato un filosofo, teologo, presbitero e scrittore spagnolo, di cultura indiana e catalana, oltre ad essere un sacerdote cattolico, autore di più di sessanta libri e di diverse centinaia di articoli su religioni comparate e dialogo interreligioso. Tra le sue ultime opere pubblicate in Italia, I Veda. Mantramañjarī. Testi fondamentali della rivelazione vedica (Bur 2001, tre edizioni), Pace e disarmo culturale (Rizzoli 2003), Gli inni cosmici dei veda (Bur 2004), L'esperienza della realtà. La mistica (Jaca Book 2005) e La dimora della saggezza (Mondadori 2005). Nel 2001 ha ricevuto il premio Nonino quale "maestro del nostro tempo".Panikkar nasce da madre cattolica, di famiglia borghese catalana (Carme Alemany † 1975), e da padre indiano induista (Ramuni Panikkar † 1954) a Sarriá, un quartiere di Barcellona: “Non mi considero mezzo spagnolo e mezzo indiano, mezzo cattolico e mezzo indù, ma totalmente occidentale e totalmente orientale”. Nel 1935 si diploma presso i gesuiti di Barcellona, e si iscrive alle facoltà di scienze e di lettere. Nel 1936, per sfuggire alla guerra civile spagnola, si trasferisce a studiare in Germania, da cui rientra nell'estate del 1939. Completa gli studi in Spagna laureandosi in scienze all’Università di Barcellona (1941) e in lettere a quella di Madrid (1942). Nel 1940, al rientro dalla Germania, si avvicina al primo nucleo di fedeli laici dell'Opus Dei, instaurando una stretta relazione con Escrivá de Balaguer. Panikkar fu membro dell'Opus Dei per vent'anni tra Barcellona e Madrid. Nel 1946, su suggerimento di Escrivá, Panikkar riceve l'ordinazione sacerdotale, officiando come cappellano del Colegio Mayor la Moncloa.A 36 anni si reca in missione apostolica in India. L'incontro e la conoscenza di induismo e buddhismo cambiano il suo atteggiamento, senza modificare il suo cristianesimo: “Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindú e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano”. Risiede nella città santa indù di Varanasi, sopra un vecchio tempio di Shiva, accanto al Gange, dedicandosi allo studio, alla scrittura, alla preghiera e alla meditazione. Lavora come ricercatore nelle Università di Varanasi e di Mysore, riconoscendo la cultura indiana come parte delle proprie radici. Tre incontri con monaci cristiani compenetrati nell'induismo segnano la sua formazione indiana: il monaco Jules Monchanin (Swami Paramarubiananda, 1895-1957), il monaco benedettino Henri Le Saux (Swami Abhishiktananda, 1910-1973), che fondarono l’ashram Saccidananda, e il benedettino inglese Bede Griffiths (Swami Dayananda, 1906-1993). Da loro Panikkar comprende la possibilità di essere insieme cristiani e indù, superando il dualismo attraverso l'intuizione advaita. In seguito, Panikkar presiederà la Abhishiktananda Society (1978-1988).Uno dei suoi articoli viene notato da un professore di Harvard, che lo invita ad insegnare negli Stati Uniti. Per vent'anni, Panikkar viaggia tra India e America, dando lezioni di religioni comparate in diverse università degli Stati Uniti e dell'America Latina. A partire dal 1971 si stabilisce all’Università di California a Santa Barbara, come titolare della cattedra di Filosofía Comparata della Religione e Storia delle Religioni, pur continuando a recarsi periodicamente a Varanasi. In questo periodo pubblica numerosi articoli e la maggior parte dei suoi libri.“Trascorsi un quarto di secolo tra una delle città più ricche, dello stato più ricco, della nazione più potente e l’esatto contrario (a dodici ore di fuso orario) una delle città più caotiche, in uno degli stati più ‘sottosviluppati’, di uno dei paesi più poveri del mondo: tra Santa Barbara, in California, negli Stati Uniti, e Varanasi, nell’Uttar Pradesh, in India. La mia vita interiore era, letteralmente, l’unico punto di unione tra due sfere della mia vita." Ritiratosi dalla vita accademica, Panikkar si stabilisce a Tavertet, paesino ai piedi dei Pirenei che aveva visitato nel 1983. Conduce una vita ascetica, pur partecipando alla vita culturale e religiosa catalana, tramite pubblicazioni su giornali e riviste. Il ritorno alla Catalogna costituisce per Panikkar il completamento del proprio karma: “chiudere il cerchio o radicare la mia vita, tornando al luogo dove sono nato”. Dal 1998 conduce le attività di Vivarium, centro di studi interculturale. Continua a scrivere e pubblicare, ex novo e rielaborando vecchi scritti. Quasi metà dei suoi lavori vengono pubblicati negli anni '90. Nel 2005, insieme ad un gruppo di amici e filantropi italo-svizzeri, crea Arbor[, la fondazione che diffonderà il suo pensiero ed in India realizzerà il suo principio di collaborazione interreligiosa per la lotta alla povertà in migliaia di villaggie rurali e tribali. Nell'ultimo periodo, tra le sue attività di conferenziere, Panikkar si reca spesso in Italia e segue gruppi di dialogo e di incontro interreligioso. Insieme ad alcuni rappresentanti delle grandi religioni del mondo si occupa di un programma per la condivisione di esperienze e pratiche dei grandi mistici "The spirit of religion" che darà spunto per il convegno internazionale di Venezia del 2008.La filosofia di Panikkar non è solo "amore della sapienza", quanto piuttosto "sapienza dell'amore". Nel suo pensiero non c'è contrapposizione tra filosofia e teologia, al contrario tale possibilità va superata, in quanto pensiero e religione sono intimamente uniti. All'interno delle diverse esperienze delle varie religioni, ogni parte ha la volontà di aiutare a scoprire il tutto. Non affinché tutti siano cristiani o indù, ma alla ricerca di un dialogo realmente aperto, che porti alla mutua fecondità: che l'uno apprenda dall'altro. La sua filosofia è tutta tesa all’integrazione delle diverse dimensioni della realtà, che egli individua nella triade umano-divino-cosmico (oppure, in termini più filosofici, coscienza-libertà-materia). In questa sua visione (che egli ha denominato cosmoteandrica, o teantropocosmica) le tre dimensioni sopra citate si coappartengono, rimanendo distinte pur senza essere separabili (abbastanza scandalosamente, almeno a prima vista) Panikkar è solito affermare che non esiste un Dio che non sia tale se non per degli uomini: insomma, le tre dimensioni citate – pur essendo perfettamente distinguibili – sono inseparabili: in tal modo Panikkar supera sia la tentazione del monismo (che aspirando ad un solo pensiero, una sola lingua, un solo stile di vita, una sola sostanza, è incapace di distinguere tra cose diverse) sia quella del dualismo, che frattura l’essere in parti incomunicanti. Di fondamentale importanza nel suo pensiero, per il quale il sapere non è finalizzato ad una conoscenza asettica e tutto sommato sterile, ma al contrario è intriso di esperienza personale, è il tema della saggezza come arte di vivere. Panikkar considera la varietà delle religioni come sentieri che – diversi e distanti in partenza – conducono verso l'unica cima, in prossimità della quale essi tendono perciò ad unirsi: «A una certa altezza non vi sono più baratri; le vie si riuniscono oltre le valli» Per Panikkar Gesù è un nome storico del Cristo universale, di cui la storia delle religioni conosce altre concretizzazioni. Si deve affermare «Gesù è il Cristo», ma non si può semplicemente affermare «il Cristo è Gesù», poiché la categoria del Cristo «non deve essere ristretta alla sola figura storica di Gesù di Nazareth».
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