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Cristina Campo
Il Mio Pensiero non Vi Lascia
Lettere a Gianfranco Draghi ed altrim amici del periodo fiorentino
Adelphi
Pag. 273 Formato: 14 x 21 cm. Anno: 2012 ISBN: 978-88-459-2644-0
€. 24.00 €. 22.80 (-5%)
Ci sono prosatori che proprio nelle lettere raggiungono una sorta di perfezione assoluta: riuscendo, nel breve volgere di una frase, a toccare vertici di bellezza e di intensità. Che la Campo sia uno di essi lo hanno dimostrato le Lettere a Mita e Caro Bul: e questo terzo pannello dell’epistolario, che raccoglie le lettere scritte agli amici del periodo fiorentino, ne è una conferma.
Nel 1956 Cristina è costretta ad abbandonare Firenze per Roma; e gli anni romani saranno costantemente pervasi dal ricordo struggente di quel giardino incantato che era la cerchia degli «amici d’infanzia»: Piero Draghi, Mario Luzi, Anna Bonetti, Venturino Venturi, Giorgio Orelli. A tutti loro scrive dal suo «esilio» parole di nostalgico affetto («C’è con voialtri, nell’aria, gusto di latte»); ma il più rimpianto è senza dubbio Gianfranco Draghi, quel Gian che guarda ai suoi stessi «fari» (i più luminosi: Hofmannsthal e Simone Weil), lo scrittore e poeta di cui ammira la personalità e l’opera, l’amico che «conosce sempre, sottilmente, il disegno del tempo, e trova la parola magica da incidervi».
A lui una Cristina ancora dolente per una pena d’amore chiede di assicurarle «che la felicità esiste», ma anche di impegnarsi a favore di Danilo Dolci (come sta facendo lei stessa); con lui parla di Roma, che va scoprendo con meraviglia, delle sue letture (Montaigne, Lawrence, l’amatissimo Auden, ma anche Pasternak, e Il Gattopardo), dei suoi momenti bui e dell’importanza della loro amicizia nella sua vita. Per ogni corrispondente la Campo trova un’intonazione diversa, quella che ritiene la più opportuna, la più esatta – ma sempre (che assuma il timbro argentino della Pisana o quello più cupo della Donatrice Portinari) la sua voce suona alle nostre orecchie con una giustezza e una limpidezza incomparabili.
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Scheda dell'autore: Cristina Campo
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informazioni sull'Autore: Cristina Campo
Vittoria Guerrini, in arte Cristina Campo (Bologna 1923, Roma 1977), ormai riconosciuta come una delle voci poetiche più alte del novecento, è stata straordinaria ed originale interprete della più profonda spiritualità insita nella letteratura europea. Appassionata studiosa di Hofmannsthal, rivisitò il mondo misterioso delle fiabe svelandone le trascendenti simbologie. Fu traduttrice e critica di originale metodologia, enucleando dalle opere letterarie l’idea del destino e il dominio della legge di necessità sulle vicende umane che l’arte esprime in una aurea di bellezza. Apppartenne al ristretto nucleo di intellettuali che avviarono l’introduzione di Simone Weil in Italia. Negli anni cinquanta maturò la sua prima formazione nella Firenze dei grandi poeti del tempo ove conobbe Gianfranco Draghi che la indusse a pubblicare i suoi primi saggi su “ La Posta Letteraria del Corriere dell’Adda e del Ticino”.Dal ’56 si trasferì per sempre a Roma. Studiosa di spessore leopardiano, stabilì intensi sodalizi umani e spirituali e innumerevoli frequentazioni di grandissimo rilievo, basti menzionare: Luzi, Traverso, Turoldo, Bigongiari, Merini, Bemporad, Bazlen, Dalmati, Pound, Montale, Williams, Pieracci Harwell, Malaparte, Silone, Monicelli e Scheiwiller. Tra i filosofi ricordiamo Elémire Zolla, Andrea Emo, Lanzo del Vasto, Maria Zambrano, Danilo Dolci che sostenne nei momenti difficili, ed Ernst Bernhard che le fece conoscere il pensiero di Jung, di cui era stato allievo. Fu consulente editoriale, scrisse su importantissime riviste e studiò l’esicasmo, la mistica occidentale ed orientale, i grandi classici e i poeti di ogni tempo.La sua “metafisica della bellezza” la indusse a una controversa e profonda riflessione sulla liturgia, ritenendo la sacralità dei riti e la comprensione del valore della trascendenza efficaci difese dalla minaccia della despiritualizzazione del mondo incombente sulla modernità che secondo la Campo, in una certa misura, è disattenta alla bellezza ed esposta alla vanificazione delle intenzioni. L’architettura culturale e spirituale dell’universo campiano si desume anche dai tanti e ricchi epistolari. In particolare dalle “Lettere a Mita” (la scrittrice Margherita Pieracci Harwell), uno degli epistolari più affabulanti di tutta la letteratura italiana, è infatti possibile ricostruire la storia di un’anima che palpita per l’incanto e la tragedia della vita. Vita che per la Campo è teatro della sfida al destino condotta dalla poesia e dal sacro.
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