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Marco Cappato
Credere Disobbedire Combattere
Come liberarci dalle proibizioni per migliorare la nostra vita
Bur
Pag. 256 Formato: 14 x 21 cm. Anno: 2018 ISBN: 978-88-17-10452-4
€. 13.00 €. 12.35 (-5%)
Novità
Un manuale di disobbedienza civile da applicare alla realtà legislativa italiana moderna. Non cambi il mondo, e non difendi la democrazia, facendo sempre quello che ti dicono di fare.
Occorre assumersi la responsabilità di contravvenire a leggi ingiuste senza aspettare che qualcuno gentilmente lo conceda.
L’obiettivo non è violare le regole, ma cambiarle, la cosa giusta da fare quando la legge si scontra con il vissuto delle persone, trascurando diseguaglianze rese ancora più profonde dalle proibizioni.
È questo che ha fatto Marco Cappato accompagnando in Svizzera dj Fabo, aiutandolo a porre fine alla sua sofferenza a costo di essere perseguito penalmente nel nostro Paese.
Ed è questo – ha dichiarato – che farà ancora, per difendere il diritto di tutti di essere “liberi di sorridere, fino alla fine”.
Eutanasia e fine vita, dunque, ma anche droghe, sesso, internet, genetica, scienza e diritti umani: contro le molte norme che in diversi campi minacciano la libertà e criminalizzano comportamenti diffusi e realtà sociali ineliminabili, Cappato si batte da anni con gli strumenti della disobbedienza civile e della nonviolenza – che indica non una semplice assenza di violenza, ma la costante opera attiva per convertire la violenza nel suo opposto – seguendo le orme di illustri personalità come Gandhi e di compagni di viaggio come Pannella.
Intrecciando pratica e teoria, la sua storia radicale e le sue azioni – dall’arresto a Manchester per la campagna antiproibizionista alla difesa della ricerca sul genoma e le staminali, alla battaglia contro l’informazione manipolata e la limitazione della libertà digitale –, spiega oggi in questo libro perché disobbedire (civilmente) è lo strumento indispensabile per chi vuole migliorare il sistema e difendere la libertà di tutti, cominciando dai settori, la scienza in primis, dove la presenza dello Stato spesso non è soltanto inutile, ma controproducente.
E perché occorre farlo in prima persona: “assumendoci la responsabilità delle nostre azioni, sperimentando alternative, creando conoscenza”.
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