Nell'era postmoderna la libertà dell'individuo è il valore dominante, cui tutte le norme sociali devono adeguarsi. La postmodernità è governata dal perseguimento della felicità individuale e in suo nome si è compiuto un sacrificio di enorme portata: quello della sicurezza e della certezza. Il mondo viene sempre più percepito come incerto, malsicuro, privo di solidità e di coerenza. Una topografia sovrastata dall'inquietudine, di cui Bauman prova a ricostruire il senso, additandoci alle svolte e ai crocevia le fisionomie familiari di Freud e di Weber, di Kafka e di Canetti, di Lévi-Strauss e di Sartre. Bauman ci mostra una società che respinge la stabilità e la durata, preferisce l'apparenza alla sostanza, sceglie come parola chiave "riciclaggio" e come medium per eccellenza il videotape (cancellabile e riutilizzabile); una società dove il tempo si frammenta in episodi ("il tempo non è più un fiume, ma un insieme di pozzanghere"), la salute diventa fitness, la massima espressione di libertà è lo zapping. Le figure emblematiche che abitano questo traballante universo sono il giocatore (in borsa o alla lotteria) e il turista, lo sradicato e il "collezionista di sensazioni". Ma forse, più di ogni altro, lo straniero. E per impedire che l'individuo diventi presto straniero anche a se stesso, Bauman cerca di indicarci, oltre il velo delle incertezze e delle paure, quelle nuove strategie di vita che ogni società proibisce, perché mettono in discussione i suoi presupposti.