John Ruskin
John Ruskin, scrittore e critico d'arte, nacque a Londra nel 1819. Di famiglia ricca, si laureò a Oxford nel 1842 dove fu nominato nel 1869 professore di storia dell'arte. Lasciò la cattedra nel 1884, per questioni di salute. Ruskin sviluppò le sua idee sui rapporti tra vita, arte, politica e società in altre due opere: Le sette lampade dell'architettura (1849) e Le pietre di Venezia (1851-53). In quest'ultima opera, frutto di un viaggio a Venezia, è ben esemplificata la sua lettura del gotico, basata sui valori decorativi e coloristici, doti creative della società medievali. Dalla metà degli anni Cinquanta, egli spostò gradualmente la sua attenzione dagli studi sull'arte in quanto tale all'analisi delle relazioni tra arte e realtà culturale e sociale. Ruskin mosse aspre critiche al capitalismo industriale dell'Ottocento considerato strutturalmente disumano. Egli tenne a Manchester delle conferenze, raccolte in Economia politica dell'arte, pubblicata nello stesso anno. Questo testo è la cerniera fra i due momenti del pensiero di Ruskin: la base della sua concezione dell'economia politica è l'estetica; fondamenta di entrambe sono l'etica e la religione. Ruskin rovesciò la prospettiva corrente: vide nel Rinascimento la fine dell'Età dell'oro, e propose come modello da seguire il Medioevo della tripartizione economico-politica in corporazioni: i signori, fedeli allo Stato, il clero, votato alla fede, e gli artigiani, dediti al lavoro. I tre gruppi, secondo Ruskin, poterono vivere in perfetta armonia. Tra le opere di questo periodo ricordiamo Fino all'ultimo (1862), Sesamo e gigli (1865), Tempo e stagione (1867).
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