Ermanno Olmi
Ermanno Olmi, nato da famiglia contadina, si trasferisce giovanissimo a Milano per impiegarsi presso la Edison Volta: ne organizza il servizio cinematografico dirigendo - tra il 1953 ed il 1961 - una trentina di documentari, tra i quali "La diga sul ghiacciaio" (1953), "Tre fili fino a Milano" (1958), "Un metro è lungo cinque" (1961). Nel frattempo, debutta nel lungometraggio con "Il tempo si è fermato" (1960), ove si narra dell’amicizia fra uno studente ed un guardiano di diga, nell’isolamento e la solitudine dell’alta montagna; un anno più tardi, il Nostro conquista i favori della critica con "Il posto" (1961), garbata operina sulle aspirazioni di due giovani alle prese con il loro primo impiego. L’attenzione al quotidiano, alle cose minute della vita, viene ribadita nel successivo "I fidanzati" (1963), vicenda d’ambiente operaio viziata da qualche cedimento all’intimismo: è poi la volta di "... e venne un uomo" (1965), biografia di Giovanni XXIII per fortuna non inficiata da tentazioni agiografiche. Dopo un periodo contrassegnato da lavori non del tutto riusciti ("Un certo giorno", 1969; "I recuperanti", 1970; "Durante l’estate", 1971; "La circostanza", 1974), il regista ritrova l’ispirazione dei giorni migliori nella coralità de "L’albero degli zoccoli" (1978), Palma d’oro al Festival di Cannes. E’ dell’82 "Cammina cammina", ove si recupera nel segno dell’allegoria la favola dei Magi; segue una grave malattia, che lo terrà a lungo lontano dagli schermi, ad Asiago. Il rientro avviene nel 1987, con il claustrofobico ed angoscioso "Lunga vita alla signora!", premiato a Venezia con il Leone d’argento; quello d’oro, egli lo otterrà l’anno seguente con "La leggenda del santo bevitore" (1988), lirico adattamento - firmato da Tullio Kezich e dal regista medesimo - d’un bellissimo racconto di Joseph Roth. Dopo il documentario "Lungo il fiume" (1992), egli licenzia "La leggenda del bosco vecchio" (1993): malamente ricavato da "Il taglio del bosco" di Buzzati ed interpretato da un Villaggio fuori registro, esso rimane forse il suo esito più deludente. Il suo ultimo lavoro, "Il mestiere delle armi" (2001) ne segna il ritorno ai vertici dell’ispirazione: ricostruendo le ultime giornate dell’esistenza del condottiero mercenario del ‘500 Giovanni delle Bande Nere, egli firma un’opera intensa ed ispirata, presentata con successo al Festival di Cannes. Di scarso rilievo, di contro, l’episodio da lui licenziato per "Tickets" (2005), firmato assieme ad Abbas Kiarostami e Ken Loach.
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