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DISPONIBILITÀ IMMEDIATA
Agostino di Ippona
Soliloqui
A cura di Manlio Simonetti
Mondadori
Pag. 216
Formato: 12,5 x 19,5 cm.
Anno: 2016
ISBN: 978-88-04-66450-5


€. 35.00 €. 33.25 (-5%)

  

Novità

La più ardente aspirazione del giovane Agostino era quella di «cercare razionalmente la verità», come egli dichiara nelle Retractationes, «su ciò che più intensamente desiderava conoscere».
Nascono da qui i Soliloqui, nei quali egli rivolge domande e risposte a sé stesso, «quasi che io e la mia ragione fossimo due realtà distinte, mentre ero presente io solo». Dialogo, dunque, come in Platone, e ricerca della verità. Brevi e incompiuti, i Soliloqui, dei quali la Fondazione Valla presenta la splendida edizione di Manlio Simonetti, ardono però di passione intellettuale e rivelano il fondamento stesso del pensiero di Agostino, che all'inizio del Libro II invoca: Deus semper idem, noverit me, noverit te, «Dio che sei sempre lo stesso, possa io conoscere me e conoscere te».
È stata chiamata, questa preghiera, il «postulato primario di Agostino», un pronunciamento su sé stesso e su Dio: «su sé stesso in quanto dichiara ciò che egli farà con la propria mente»; e su sé stesso e Dio in quanto dichiara la ragion d'essere fondamentale di ogni «fare» di questo tipo: «che ogni intelletto creato esiste soltanto per scoprire il Creatore e dilettarsi in lui».
Ecco perché i Soliloqui si aprono con una preghiera di «inusitate dimensioni» e di straordinaria magnificenza che è inno di lode e invocazione: «Dio dell'universo, concedi in primo luogo che io ti preghi in modo adeguato, poi che tu mi renda degno di essere da te liberato, infine che tu mi liberi. Dio per opera del quale tutte le cose, che di per sé non sarebbero, tendono a essere. Dio che non permetti che perisca ciò che per parte sua si perde. Dio che dal nulla hai creato questo mondo che agli occhi di tutti si presenta bellissimo. Dio che non fai il male e permetti che ci sia solo perché non diventi peggiore ... Dio che hai voluto che solo chi è puro conosca il vero, padre della verità, padre della sapienza, padre della vita vera e somma, padre della felicità, padre del buono e del bello, padre della luce intelligibile, padre del nostro risveglio e della nostra illuminazione …».

Ciceroniano, platonico e cristiano, l'Agostino dei Soliloqui non poteva non essere caro ai secoli successivi e in primo luogo a Petrarca, che su di essi modellò il suo Secretum.

 

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  • Scheda dell'autore: Agostino di Ippona

  • informazioni sull'Autore: Agostino di Ippona
    Agostino di Ippona Agostino d'Ippona (Tagaste, 13 novembre 354 – Ippona, 28 agosto 430) fu un filosofo, vescovo e teologo latino. La vita di Agostino è stata tramandata con grande dettaglio nella sua opera Confessioni, sua storia morale, nelle sue Ritrattazioni, che descrivono l'evoluzione del suo pensiero, e nella Vita di Agostino, scritta dal suo amico Possidio, che narra l'apostolato del santo. Agostino, di etnia berbera,ma di cultura totalmente ellenistico-romana, nacque a Tagaste il 13 novembre 354. Agostino recepì dai suoi genitori due opposte visioni del mondo, da lui spesso vissute in conflitto tra loro. Sarà tuttavia la madre, venerata tutt'oggi come santa dalla Chiesa cattolica, ad esercitare un grande ruolo nell'educazione e nella vita del figlio. Agostino ricevette da lei un'istruzione cristiana e fu iscritto fra i catecumeni.

    Dotato di un forte senso critico e animato da un desiderio bramoso di verità, passò gli anni della sua gioventù nella ricerca insaziabile del senso della vita. Non molto tempo dopo essere giunto a Cartagine, però, Agostino fu costretto a confessare a sua madre Monica di avere una relazione con una donna, che gli aveva dato un figlio, Adeodato (372), e con la quale visse in concubinato per quindici anni. Si separarono nel 386, quando ella lo lasciò a Milano per recarsi in Numidia con la promessa che sarebbe tornata. Agostino non ne riporta il nome in alcun testo.

    Nel 373 la sua ansia per la ricerca dell'assoluto lo fece approdare al Manicheismo, di cui, insieme al suo amico Onorato, divenne uno dei massimi esponenti e divulgatori. Agostino stesso narra che fu attratto dalle promesse di una filosofia libera dai vincoli della fede; dalle vanterie dei manichei che affermavano di aver scoperto delle contraddizioni nelle Sacre Scritture; e, soprattutto, dalla speranza di trovare nella loro dottrina una spiegazione scientifica della natura e dei suoi fenomeni più misteriosi. La mente indagatrice di Agostino era entusiasta per le scienze naturali ed i Manichei dichiaravano che la natura non aveva segreti per Fausto di Milevi, il loro dottore.

    Al termine dei suoi studi sarebbe dovuto entrare nel forum litigiosum, ma preferì la carriera letteraria. Possidio narra che tornò a Tagaste per "insegnare la grammatica". Il giovane professore incantò i suoi alunni, uno dei quali, Alipio, appena più giovane del suo maestro, per non lasciarlo dopo averlo seguito tra i Manichei, fu in seguito battezzato insieme a lui a Milano, per poi, probabilmente, diventare vescovo di Tagaste, la sua città natale.

    Nel 383 Agostino, all'età di 29 anni, cedette all'irresistibile attrazione che l'Italia aveva per lui; a causa della riluttanza della madre a separarsi da lui, dovette ricorrere ad un sotterfugio ed imbarcarsi con la copertura della notte. Non appena giunto a Roma, dove continuò a frequentare la comunità manichea, si ammalò gravemente. Quando guarì aprì una scuola di retorica ma, disgustato dai trucchi dei suoi alunni, che lo defraudavano spudoratamente delle loro tasse d'istruzione, fece domanda per un posto vacante come professore a Milano. Il praefectus urbi Quinto Aurelio Simmaco l'aiutò ad ottenere il posto con l'intento di contrastare la fama del vescovo Ambrogio. Dopo aver fatto visita al vescovo, però, si sentì attratto dai suoi discorsi e iniziò a seguire regolarmente le sue predicazioni.

    Poi decisivo fu l'incontro con la filosofia neo-platonica, dalla quale rimase entusiasmato. Aveva a mala pena letto le opere di Platone e di Plotino, quando gli si accese nuovamente la speranza di trovare la verità. Ancora una volta cominciò a sognare che lui ed i suoi amici potessero condurre una vita dedicata alla ricerca di essa, una vita priva di tutte le aspirazioni volgari come onori, ricchezza, o piacere, e con il celibato come regola.
     
    Ma era solo un sogno; le sue passioni lo rendevano ancora schiavo.  Il passaggio attraverso la fase del dubbio non fu per Agostino un semplice incidente di percorso, ma fu determinante per fargli trovare la via della fede. Secondo Agostino infatti, solo chi dubita è animato da un desiderio sincero di trovare la verità, a differenza di colui che non si pone nessuna domanda. È la consapevolezza della propria ignoranza che spinge a indagare il mistero; eppure non si cercherebbe la verità se non si fosse certi almeno inconsciamente della sua esistenza.

    Un tema, questo, di lontana ascendenza socratica e platonica, ma Agostino lo inserisce nell'ottica cristiana del Dio-Persona: è Dio stesso che fa nascere nell'uomo il desiderio della verità. Un Dio inconscio e nascosto che vuole farsi conoscere dall'uomo. Solo l'intervento della Sua grazia permette alla ragione umana di trascendere i suoi limiti, illuminandola. Ed è così che avviene l'intuizione: essa è un comprendere, e al tempo stesso un credere, che non avrebbe senso dubitare se non ci fosse una Verità che appunto al dubbio si sottrae; e che non si cercherebbe Dio se non Lo si fosse già trovato.
     
    Monica intanto, che aveva raggiunto suo figlio a Milano, lo convinse a fidanzarsi, ma la sua promessa sposa era troppo giovane, ed anche se Agostino salutò la madre di Adeodato, il suo posto fu presto preso da un'altra. Dovette così attraversare un ultimo periodo di lotta e di angoscia, durante il quale la sua volontà di convertirsi non riusciva a prevalere del tutto sull'idea dei piaceri a cui avrebbe dovuto rinunciare. Finché, anche grazie ai preziosi contributi del vescovo Ambrogio, intuì come la verità, tema centrale del suo itinerario filosofico, non sia un semplice fatto in sé da dominare, quale egli la percepiva nei tribunali dell'impero romano, ma che da essa si viene dominati, perché è qualcosa di assoluto, totale e universale. Comprendendo come la verità non sia un oggetto ma un Soggetto, cioè un'entità viva e Personale, proprio come viene presentata nei Vangel, ebbe la certezza che Gesù fosse l'unica via per giungervi, e che alla Verità l'uomo aderisce innanzitutto con il suo modo di vivere.
     
    Fu un colloquio con Simpliciano, futuro successore di Ambrogio, che raccontò ad Agostino la storia della conversione del celebre retore neo-platonico Vittorino, a preparare la strada per la conversione. Questa avvenne all'età di 33 anni, in un giardino di Milano, dove Agostino sentì la voce di una bimba che canterellava tolle lege, ossia «prendi e leggi», invito che egli riferì alla Bibbia, che a quel punto aprì a caso cadendo su un passaggio di Paolo di Tarso (settembre 386).

    Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle tue creature. Eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, respirai ed ora anelo verso di te; ti gustai ed ora ho fame e sete di te; mi toccasti, e arsi dal desiderio della tua pace
     
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