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Blaise Cendrars
Rapsodie Gitane
Adelphi
Pag. 228 Formato: 14 x 22 cm. Anno: 1979 ISBN: 978-88-459-0386-1
€. 14.00 €. 13.30 (-5%)
Blaise Cendrars è stato il grande avventuriero della letteratura moderna, l’eterno nomade, vorace, curioso, affabulatorio, oscillante fra la Legione Straniera e il music hall, fra le roulettes degli zingari e la pampa, fra la moviola e la Transiberiana. Da quando scappò di casa, nel 1903, a sedici anni, la sua vita non ha fatto che cambiare rapinosamente scenari, lo ha immerso in mondi sbarrati e cifrati per gli estranei, dove però si trovava ogni volta ad abitare con naturalezza. Viaggiava senza tregua, ma non è stato mai un turista. Quasi senza farci caso, fu tra gli inventori della poesia moderna. Ma si sottrasse subito a quella trappola che era il mestiere dell’avanguardia.
Con strafottenza e fierezza, proclamava: «Io non intingo la penna in un calamaio, ma nella vita». Col suo gusto infallibile per il concreto, per la peculiarità dei sapori, trovava ovunque l’enormità, l’immagine dirompente, traboccante: nella periferia di Parigi come nei suoi vagabondaggi sudamericani (mentre i suoi colleghi andavano a Mosca: «Gli altri credevano all’avvento del socialismo perché sono di formazione universitaria, io no. Io prevedevo soltanto l’antico massacro… la guerra sofisticata dalla scienza»). Nelle Rapsodie gitane (1945) Cendrars traversa a zigzag la sua vita – e mai come in queste pagine lo sentiamo presente, in tutta la densità della sua persona.
Qui Cendrars si abbandona senza ritegno all’arte della narrazione orale, in cui sapeva maestri i suoi amici gitani, quando si raccontano le storie della tribù, nelle veglie notturne accanto al fuoco. Vivere non basta, bisogna raccontare.
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