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Aurobindo
Isa Upanisad
Astrolabio
Pag. 224 Formato: 10,5 x 15 cm. Anno: 2011 ISBN: 978-88-340-1604-6
€. 9.50 €. 9.02 (-5%)
La Isa Upanisad, venerata come un'upanisad estremamente profonda e ispirata, è una delle più brevi ed enigmatiche. I suoi soli diciotto versi, che cantano la gloria del "Signore dell'universo" (Isa), incarnano l'essenza stessa del pensiero induista e, dato il loro stile ermetico, costituiscono una seria sfida per un'accurata interpretazione. La presente edizione, arricchita dal testo sanscrito, è tradotta e analizzata da Sri Aurobindo (1872-1950), uno dei maestri più eminenti del '900. Grazie al suo commento, frutto non della speculazione intellettuale ma della sua conoscenza spirituale, la Isa parla direttamente della natura dell'universo e del senso della vita umana in esso, riconducendo ogni cosa alla sua origine immanifesta. Nel testo, che contiene la base filosofica dello yoga di Aurobindo, si ritrova l'essenza della visione spirituale dell'antica India, una chiave al Vedanta e una possibile risposta al mistero dell'esistenza.
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Scheda dell'autore: Aurobindo
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informazioni sull'Autore: Aurobindo
Aurobindo Ghose (Calcutta, 1872 – Pondicherry, 1950). Inviato a sette anni dal padre, medico condotto, a studiare in Inghilterra, a Manchester, Londra e infine Cambridge (dove vinse tutti i premi di versificazione greca e latina), lettore insaziabile, in gravi difficoltà economiche, assimila in breve tempo tutta la cultura europea leggendone i classici, antichi, medievali e moderni, nelle lingue originali, compreso il nostro Dante. La sua ri-nazionalizzazione cominciò solo a vent’anni, al suo rientro in India: gli basteranno tredici anni per re-indianizzarsi fino al midollo: apprende il sanscrito, il bengali e molte lingue indiane moderne, assimilando profondamente nel contempo tutto il vasto patrimonio culturale e religioso del suo paese.
La sua attività è subito intensissima: oltre a insegnare francese e inglese al College di Baroda (di cui diventa presto Rettore), svolge come giornalista, oratore e organizzatore una formidabile attività rivoluzionaria per la liberazione dell’India dal giogo britannico. Già la serie di articoli che, ventunenne, aveva cominciato a scrivere sul quotidiano di Bombay Hindu Prakash era stata interrotta dalle autorità. Ma è soprattutto sulle pagine del quotidiano inglese Bande Mataram ch’egli ispirerà come nessun altro il nascente movimento nazionalista, in un tempo in cui parlare di completa indipendenza era considerato ‘un delirio da pazzi’. L’India, nella chiara visione di lui, doveva innanzitutto conquistare la libertà per realizzare in futuro il suo speciale destino […]
I suoi articoli, riportati sulle colonne del Times di Londra, gli valgono un primo arresto per sedizione nel 1907. Liberato su cauzione, viene arrestato l’anno dopo per implicazioni indirette nel fallito attentato a un giudice britannico. Nel forzato isolamento di un anno nel carcere di Alipore approfondisce quella dimensione interiore e spirituale le cui porte gli si erano spalancate dopo l’esperienza – ottenuta in soli tre giorni e da allora stabilita per sempre – del silenzio mentale, in seguito al suo incontro con Baskar Lele, uno yogi del Maharashtra che aveva indovinato, dietro l’eroismo del giovane rivoluzionario, il destino di una grande anima.
Gli Inglesi, che credevano di poter mettere finalmente a tacere l’uomo più pericoloso con cui avevano fino a quel momento avuto a che fare (come dichiarò l’allora viceré dell’India Lord Minto), lo videro di nuovo libero nel 1909, dopo un clamoroso processo. Il Bande Mataram era
stato soppresso, la maggior parte dei leader nazionalisti imprigionati, deportati o in esilio. Dopo le cruciali esperienze vissute in carcere, la visione che Sri Aurobindo aveva della vita era radicalmente cambiata e il suo lavoro vòlto ormai a uno scopo universale nella sua portata e interessato a tutto il futuro dell’umanità. Fonda un nuovo settimanale in inglese, il Karmayogin, ed uno in bengali, il Dharma, ma tanto i suoi scritti quanto i suoi discorsi, che riaccendono lo spirito d’indipendenza in folle crescenti, fluiscono ormai da un assoluto silenzio della mente. Nel 1910 un nuovo mandato d’arresto per sedizione cade in sua assenza: obbedendo a un preciso adesh [comando divino], egli era partito clandestinamente per Pondicherry, allora colonia francese, dove sarebbe rimasto ininterrottamente per quarant’anni, concentrato in una sadhana senza precedenti – fatta non per se stesso, ma per aprire una via affinché la coscienza terrestre cambi: Lungi dal mio scopo propagare qualche religione, nuova od antica, per l’umanità in futuro. C’è una via da aprire che è ancora bloccata, non una religione da fondare.
Dal ’14 al ’21 pubblica Arya, un mensile in inglese dove le sue esperienze interiori andranno costituendo il corpo fondamentale di quegli scritti che forse è improprio definire ‘filosofici’: La Vita Divina (suo capolavoro in prosa, summa delle sue esperienze spirituali e la più grande sintesi culturale fra Oriente e Occidente dei nostri tempi), La Sintesi dello Yoga, Il Segreto dei Veda, le traduzioni e i commenti alle Upanishad, L’Ideale dell’Unità Umana, i Saggi sulla Bhagavad Gita, Il Ciclo Umano, La Poesia futura, I fondamenti della cultura indiana. A questa prodigiosa produzione […] si affiancherà un’altrettanto prodigiosa produzione letteraria, poetica e teatrale.
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