George Ivanovitch Gurdjieff (1866?-1949), il cui insegnamento combina cristianesimo, sufismo e altre tradizioni religiose, è uno dei più influenti maestri nella storia dell’esoterismo contemporaneo. Parlare di movimenti “gurdjieffiani” suscita in genere la disapprovazione proprio di chi ne fa parte; si può quindi fare riferimento – più generalmente – a una “eredità” di Gurdjieff, tuttora viva e presente. Gurdjieff nasce in una data imprecisata che oscilla tra il 1866 e il 1877 (i biografi, pur senza sicurezza, preferiscono la data del 1866) nella città di Alexandropol (oggi chiamata Gyumri, nell’attuale Armenia) da padre greco e madre armena. Il padre – prima commerciante di legname e poi falegname – è anche un cantastorie, e questa tradizione di poesia orale influenza il figlio. Dopo che la famiglia si è trasferita a Kars, Gurdjieff è educato da sacerdoti ortodossi e prende in considerazione a sua volta il sacerdozio. Non è questa peraltro la sua via, e a partire dal 1884 comincia a esplorare altre tradizioni spirituali, in particolare quella sufi. Fra il 1887 e il 1907 si situano i “vent’anni mancanti” nella biografia di Gurdjieff. Si sa che con altri amici forma un gruppo chiamato dei “Cercatori della verità”, compie numerosi viaggi che lo portano dal Medio Oriente all’India, dall’Asia Centrale al Tibet, visitando monasteri e centri religiosi, e cercando una misteriosa “Confraternita di Sarmoung”, di cui aveva trovato un riferimento nel 1886. Più tardi, di questi anni sarà dato conto nel volume autobiografico Incontri con uomini straordinari – da cui il regista Peter Brook ricaverà l’omonimo film, nel 1978 –, un testo che certamente ha in parte un significato simbolico e metaforico piuttosto che fattuale.
Nel 1907 Gurdjieff è a Tashkent, dove inizia a insegnare “scienze soprannaturali”. Nel 1912 nasce il primo gruppo di Mosca, seguito nel 1913 da un altro a San Pietroburgo. Sempre nel 1912 Gurdjieff legge con interesse il Tertium Organum, una complessa opera sulla natura dell’universo pubblicata, nel 1911, dallo scrittore Piotr Demianovich Ouspensky (1878-1947). Nel 1915, Gurdjieff accetta Ouspensky come allievo a Mosca. Nel 1916 e 1917 entrano nel gruppo anche il compositore Thomas Alexandrovich de Hartmann (1885-1956) e sua moglie Olga Arkadievna de Hartmann (1885-1979). La rivoluzione russa travolge il piccolo gruppo, che si riforma nel luglio 1917 nel Caucaso, a Essentuki, spostandosi poi ripetutamente in altre località fra cui Tiflis (oggi Tbilisi), in Georgia. Qui nel 1919 Gurdjieff incontra l’artista Alexandre Gustav Salzmann (1874-1934) e la moglie Jeanne Matignon de Salzmann (1889-1990), che aveva studiato danza sotto la guida di Émile Jacques-Dalcroze (1865-1950), il creatore dell’euritmia.
In collaborazione con Jeanne, Gurdjieff elabora i suoi “movimenti”, o danze sacre, che presenta per la prima volta a Tiflis nel giugno 1919. Nello stesso anno, a metà settembre, costituisce con i discepoli l’Istituto per lo Sviluppo Armonico (o Armonioso) dell’Uomo. Peggiorate le condizioni politiche in Georgia, nel 1920 Gurdjieff e l’Istituto si trasferiscono a Costantinopoli (oggi Istanbul), dove continuano dimostrazioni semi-pubbliche delle danze sacre. Nel 1920 Gurdjieff incontra a Costantinopoli il maggiore John Godolphin Bennett (1897-1974), che più tardi diventerà un suo allievo tanto brillante quanto incontrollabile e indipendente. L’interesse per l’Istituto in Turchia è peraltro modesto; nel 1921 Gurdjieff e i discepoli si trasferiscono a Berlino, quindi visitano Londra (dove Ouspensky rimane in via definitiva).
Nel 1922 si stabiliscono in Francia nel castello del Prieuré a Fontainebleau-Avon, alle porte di Parigi. Poco dopo l’apertura, il Prieuré accetta come ospite permanente la celebre scrittrice neozelandese Katherine Mansfield (1888-1923). Ammalata di tubercolosi, la scrittrice muore l’anno seguente, e la stampa accusa l’Istituto – probabilmente del tutto a torto – di non averle prodigato cure adeguate. Dopo l’incidente, le cose migliorano e le serate di musica e danze sacre organizzate da Gurdjieff – al Prieuré e altrove – suscitano l’interesse di numerosi intellettuali. Nasce così l’idea, nel 1924, di una prima tournée in America, dove Gurdjieff incontra – soprattutto negli ambienti letterari – amici fedeli, che continueranno a interessarsi per molti anni alle sue idee. Ulteriori viaggi negli Stati Uniti sono organizzati negli anni successivi, con alterni successi. Non mancano tuttavia – in anni che pure per Gurdjieff sono di grande attività creativa – le difficoltà: l’Istituto deve lasciare il Prieuré nel 1932, e perderlo definitivamente a causa di difficoltà economiche nel 1933.
Gurdjieff continua tuttavia a insegnare le sue idee e le sue tecniche a Parigi e nei frequenti viaggi negli Stati Uniti, incontrando nuovi successi negli ambienti letterari; negli anni 1936-1937 anima il gruppo “La Corda” (The Rope), costituito da scrittrici americane (tutte lesbiche) venute a Parigi per porsi alla sua scuola, fra cui Margaret Anderson (1886-1973) e Jane Heap (1887-1964), che erano state le fondatrici della leggendaria Little Review a New York. Solo verso la fine della Seconda guerra mondiale – nel difficile clima di Parigi occupata – iniziano ad acquistare importanza allievi francesi, fra cui lo scrittore René Daumal (1908-1944). Dopo la morte di Ouspensky – con cui i rapporti non erano mai stati facili –, nel 1947, numerosi allievi di questo si rivolgono a Gurdjieff, e nel 1948 partecipano a una riunione a Parigi. Dopo un grave incidente automobilistico, nel 1948, le sue condizioni di salute si aggravano. Muore il 29 ottobre 1949 all’Ospedale Americano di Neuilly, dopo avere trasmesso le sue ultimi istruzioni a Jeanne de Salzmann.
È proprio Jeanne de Salzmann a tenere le fila dell’“eredità” di Gurdjieff dopo la sua morte. Il maestro non aveva mai voluto fondare un movimento organizzato; aveva lasciato dietro di sé testi in gran parte simbolici e volutamente oscuri; certo non aveva formalmente nominato un successore. Tuttavia intorno a Jeanne de Salzmann si organizzano una serie di istituzioni che riconoscono nell’autorità di questa allieva prediletta – che morirà nel 1990, all’età di centouno anni; le succederà il figlio Michel de Salzmann (1923-2001) – un punto di riferimento per una rete di fondazioni e società autonome in Europa, Stati Uniti, Sud America e Australia. Le istituzioni principali di questa rete – nota complessivamente con il nome The Gurdjieff Foundation – sono l’inglese Gurdjieff Society, fondata nel 1955 e a lungo guidata da Henriette H. Lannes (1899-1980), e la Gurdjieff Foundation di New York, animata da Henry John Sinclair, Lord Pentland (1907-1984). La Gurdjieff Foundation e la Gurdjieff Society – nonché la declinazione francese di questa rete, nota come Institut Gurdjieff – hanno difeso l’integrità del lavoro di Gurdjieff creando una “ortodossia gurdjieffiana” (se questa espressione è lecita, considerate le peculiari idee del maestro). Non hanno però potuto evitare la proliferazione di diverse centinaia di gruppi e movimenti “gurdjieffiani” nel mondo.
Si può distinguere fra quattro diverse forme della “eredità” di Gurdjieff. La prima è costituita dalle società e fondazioni “ortodosse”, che raccolgono nel mondo circa diecimila persone (con una presenza molto discreta anche in Italia tramite l’Associazione Italiana Studi sull’Uomo G. I. Gurdjieff, presente a Milano, Roma, Torino e Palermo). La seconda è costituita da discepoli di maestri che si erano già resi indipendenti da Gurdjieff durante la sua vita – tra cui Ouspensky e Bennett –, ovvero hanno fatto parte dell’area “ortodossa” dopo la morte di Gurdjieff ma la hanno poi lasciata per creare gruppi indipendenti. Dalla Fondazione proviene per esempio Margit Martinu, che – accompagnata al pianoforte da Giovanna Natalini – insegna i movimenti di Gurdjieff in Italia, particolarmente a Roma (da ambienti analoghi proviene Madhur Rotolo, il quale pure impartisce corsi legati alle “sacre danze” e ai movimenti di Gurdjieff, particolarmente in Toscana; e sempre in Italia – a testimonianza della vivacità del contesto – impartiscono seminari e insegnamenti basati sui movimenti di Gurdjieff gli associati di GurdjieffMovements.com). Non mancano poi maestri che affermano linee di discendenza da Gurdjieff che comportano numerosi passaggi più o meno diretti, quando non sono totalmente fantastiche o fittizie. Proprio alcuni di questi maestri “indipendenti” hanno costituito i gruppi più articolati e strutturati in modo gerarchico, come la Fellowship of Friends e il Centro Linbu. Nonostante tutto, è probabile che il numero di persone che si muovono in questa seconda area “indipendente” sia leggermente inferiore al totale di coloro che partecipano a quello che Gurdjieff chiamava semplicemente “il Lavoro” nell’area “ortodossa”.
In terzo luogo, l’eredità di Gurdjieff vive in movimenti religiosi e in insegnamenti spirituali che non rivendicano una discendenza genealogica dal maestro greco-armeno, ma lo riconoscono fra le fonti autorevoli cui si sono ispirati: è il caso di una parte del New Age, e anche di Osho Rajneesh (Mohan Chandra Rajneesh, 1931-1990): un caso emblematico di questo ambito è il Gruppo per l’Armonioso Sviluppo dell’Uomo, nel quale gli insegnamenti di Gurdjieff e Ouspensky sono veicolati tramite l’insegnamento di Osho. In questo ambito, non si può non segnalare l’insegnamento tramite libri, seminari e originali videogiochi di Eugene Jeffrey (“E. J.”) Gold, che si definisce un sufi e un maestro della Quarta Via e che dirige l’Institute for the Development of the Harmonious Human Being (così riecheggiando l’Institute for the Harmonious Development of Man di Gurdjieff) a Nevada City, in California. Gold propone fra l’altro un “lavoro del Bardo” per imparare fin da ora ad affrontare lo stato intermedio fra la vita e la morte, proposto anche in Italia da BardoWorks Europe tramite seminari e pubblicazioni. Gold nega formalmente di essere un discepolo di Gurdjieff, ma i riferimenti impliciti a quest’ultimo sono veramente ovunque nel suo peraltro complesso insegnamento.
Infine, l’“eredità” di Gurdjieff è presente in una varietà di ambiti artistici, culturali e letterari dove hanno lasciato il loro segno suoi discepoli diretti o indiretti, da Pamela Travers (1899-1996), la creatrice di Mary Poppins, che al maestro ha reso spesso esplicito omaggio, e all’architetto Frank Lloyd Wright (1869-1959), che aveva incontrato Gurdjieff e si era interessato alle sue idee dopo averne sposato una discepola. In una generazione che non ha conosciuto direttamente Gurdjieff, si può citare fra gli altri in Italia il cantautore Franco Battiato, che si è adoperato per la diffusione del pensiero del maestro – non senza successo – nel nostro paese, e che ispira a sua volta gruppi che si riuniscono in forma privata per studiare e mettere in pratica gli insegnamenti di Gurdjieff.
L’insegnamento di Gurdjieff sfugge a ogni tentativo di ricostruzione: mette insieme spiritualità, filosofia, cosmologia e un modello complesso della persona umana legandoli in un sistema unificato. Il “Lavoro” di Gurdjieff è rivolto all’evoluzione personale, alla trasformazione sociale, e ultimamente a una trasformazione su scala cosmica. L’espressione “Lavoro” si riferisce allo sforzo che è necessario perché l’allievo si “risvegli” al significato dell’esistenza umana. I frutti del “Lavoro”, che inizia come opera interiore su se stessi, devono ultimamente trasformare la vita quotidiana. Il “Lavoro” è una forma di tradizione orale; richiede una “scuola” e la disponibilità degli “allievi” o “studenti” a porsi sotto la tutela di un maestro, senza il quale la trasformazione interiore è giudicata impossibile. La condizione umana così come si presenta oggi è lontana dalla sua verità originaria e dal suo potenziale. Nel mondo moderno in ogni persona coesistono molti “io” contraddittori, in competizione fra loro; questo conflitto rende ultimamente impossibili il pensiero e l’azione in forma unitaria. Inoltre, in ogni persona coesistono due nature che non sono capaci di riconoscersi a vicenda: l’essenza e la personalità. La libertà, l’azione consapevole e un’autentica volontà non possono esistere in questo stato di frammentazione. Quella che chiamiamo “azione” è soltanto un fenomeno meccanico e inconscio. Questo stato comune e quotidiano è chiamato da Gurdjieff “sonno”.
L’evoluzione personale è quindi il risveglio dallo stato di sonno, e il passaggio dalla frammentazione all’unità. Lo stato di “sonno” non priva soltanto la persona della libertà e della responsabilità; turba anche la sua relazione con il cosmo. Gurdjieff chiede – talora brutalmente – di prendere atto dello squilibrio e delle illusioni che impediscono di vedere la realtà della presente condizione umana. Il “Lavoro” lentamente rivela come l’entità che la persona considerava unitaria, coerente e libera è in realtà un insieme contraddittorio di pensieri, reazioni emotive, e meccanismi ripetitivi di auto-protezione. La consapevolezza di questo stato di confusione è il primo passo in direzione del risveglio. Come secondo passo, è necessario accettare quanto si è visto. Le prime fasi del “Lavoro” propongono l’osservazione, la verifica e l’accettazione della verità della condizione umana attraverso lo studio, la partecipazione a un lavoro di gruppo ed esercizi di attenzione (“ricordo di sé”).
L’insegnamento di Gurdjieff non è organizzato intorno a un sistema dottrinale, ma piuttosto intorno a un metodo. Insiste che tutto deve essere messo in discussione. Vivendo in questo modo – perpetuamente critico – le capacità di osservazione e di attenzione si affinano, e le idee sono verificate nella vita. Gurdjieff insegna che le sue dottrine non possono essere trasmesse in modo univoco perché ogni persona ha un itinerario di crescita indipendente e unico, di cui si deve tenere conto. Tuttavia, è anche vero che – di fronte al rischio dell’auto-illusione – un lavoro di gruppo, con altri, è indispensabile per la trasformazione. Lavorando in gruppo l’osservazione di se stessi può essere più obiettiva; alcuni esercizi sono inoltre possibili soltanto in gruppo. I gruppi – nel “Lavoro” – dovrebbero anche sviluppare sincerità, forza interiore e nuove capacità. In concreto il “Lavoro”, nei gruppi, si concentra su metodi di auto-osservazione che hanno, tra l’altro, lo scopo di imparare a “ricordare se stessi”. Osservare come si pensa, si agisce, si provano emozioni rivela come i tre centri della persona umana – mentale, emozionale e motorio – operano a diverse velocità, e sono spesso in contraddizione tra loro.
Gli esercizi del “Lavoro” rendono consapevoli delle relazioni fra i tre centri, e permettono l’emergere di momenti in cui la natura meccanica dell’uomo non è più dominante. Questi momenti in cui si emerge dallo stato di “sonno” sono effimeri, ma gradualmente si legano gli uni agli altri e offrono nuove possibilità di integrazione. Al servizio del “Lavoro” si pongono anche la musica e i movimenti del corpo. Gurdjieff e Thomas de Hartmann hanno lasciato un ampio corpus musicale, il cui scopo è trasmettere un insegnamento pratico sulle relazioni fra la vibrazione, l’esperienza del suono, e la consapevolezza. Jeanne de Salzmann ha trasmesso a sua volta un gran numero di “danze sacre” o “movimenti” creati da Grudjieff sulla base di diverse tradizioni osservate nei suoi viaggi. La musica e i movimenti offrono la possibilità di studiare e “ricordare” se stessi, creando condizioni in cui è più facile osservare la relazione fra il corpo e la qualità della nostra attenzione. Attraverso il corpo si sperimentano anche diversi livelli e qualità di energia.
Gurdjieff descrive gli stati superiori dell’evoluzione personale come difficili, ma non impossibili. A differenza di altri sistemi esoterici che svalutano il ruolo del corpo, l’insegnamento di Gurdjieff insegna a integrare quelle che definisce le due nature dell’esistenza umana, la evolutiva e la involutiva, in modo da accedere a un luogo ideale collocato in una posizione intermedia fra queste due nature. Solo a questo punto è possibile riscoprire e alimentare l’essenza, quella parte della persona che rivela lo scopo della vita. Continuando nello sviluppo, cresce anche la consapevolezza delle responsabilità: la persona può mettersi al servizio di altri e del grande processo cosmico dell’evoluzione. Gurdjieff inserisce il “Lavoro” in una complessa cosmologia. Lo scopo della vita è consapevolmente trasformare energia e partecipare responsabilmente a un processo e a un dramma cosmico, in cui l’umanità ha il suo posto nella grande catena dell’essere. Le persone che non raggiungono la consapevolezza contribuiscono anche loro – ma involontariamente e passivamente – a liberare energia e a nutrire i processi cosmici, diventando – secondo l’espressione del maestro – “cibo per la Luna”. In termini più “religiosi”, alcuni interpreti del pensiero di Gurdjieff hanno affermato che si ritrova qui l’idea – comune ad altri sistemi esoterici – secondo cui non tutti hanno un’anima, ma soltanto coloro che sono in grado di costruirsela consapevolmente attraverso un faticoso processo.