informazioni sull'Autore: Tomberg Valentin
Valentin Tomberg nacque il 27 febbraio 1900 quale secondo figlio di un alto ufficiale di San Pietroburgo. Frequentò una scuola classica superiore e studiò storia e filosofia per tre semestri. Benché educato come protestante evangelico, ebbe contatti con la vita intellettuale russo-ortodossa e con i circoli teosofici in giovane età. La rivoluzione, in cui sua madre cadde sotto gli spari di una banda di cecchini, concluse gli anni felici della sua giovinezza. Andò in esilio a Reval (oggi Tallin) in Estonia, dove si guadagnò da vivere come contadino, farmacista, pittore ed insegnante, ponendo nel frattempo le basi per la sua profonda cultura universale con lo studio delle religioni comparate e delle lingue antiche e moderne presso l’università di Tartu. Fu sollevato dalle ansietà per la sopravvivenza nel 1924 con un posto presso l’amministrazione postale dell’Estonia, che poi gli concesse l’uso di una piccola dacia alla periferia di Reval. In quegli anni elaborò l’opera di Rudolf Steiner con tale profondità e convinzione che, venticinquenne, fu eletto alla presidenza della sezione di lingua tedesca della Società Antroposofica Estone. Tomberg si dolse spesso di non aver potuto incontrare in vita Rudolf Steiner, che morì nel 1925. Solo verso la fine degli anni venti gli fu possibile compiere un primo viaggio in Finlandia, in Germania e in Francia.
A cominciare dal 1930 pubblicò numerosi saggi su riviste antroposofiche. Tra il 1933 ed il 1938 apparve, stampato privatamente, la sua opera di prima grandezza: dodici studi sull’Antico Testamento e dodici sul Nuovo Testamento. Tomberg in realtà produsse altri dodici studi sull’Apocalisse (e quindi sul futuro dell’umanità) come conferenze, anche se solo tre di queste furono pubblicate prima che interrompesse il lavoro. Negli stessi anni apparvero tre lavori di meditazione sulla Pietra di Fondazione di Rudolf Steiner e, come conferenze, lavori sullo sviluppo interiore dell’umanità e sull’epifania eterica del Cristo. In modi sempre nuovi si sforzò per prima cosa di porre Cristo al centro dell’antroposofia; di risvegliare o approfondire l’amore verso di Lui e di far apprezzare come la vita, la morte e la risurrezione di Cristo siano il punto di svolta della storia cosmica; tutto per risvegliare un senso di responsabilità morale verso la Santa Trinità. Molti che lo ascoltarono riferiscono di essergli infinitamente debitori.
La Società Antroposofica Universale vide il proprio compito primario nel coltivare e nel diffondere l’eredità di Rudolf Steiner, mentre la Società olandese era orientata verso le applicazioni sociali piuttosto che verso la Cristosofia. Gli amici olandesi resero possibile la sua risistemazione in Olanda come sua nuova patria; eppure, quando il presidente della Società olandese invitò Tomberg a dimettersi, egli si separò dalla Società, ma mai da Rudolf Steiner, col quale, nell’altro mondo, rimase in comunione molto intima. Egli, comunque, estese fino all’ultimo il suo pieno apprezzamento alla prassi degli antroposofi, specialmente nei campi dell’educazione, della pediatria, della medicina e dell’agricoltura.
Durante gli anni della guerra e dell’occupazione tedesca, Tomberg sfuggì ai nazisti nascondendosi ad Amsterdam con la moglie e il figlio, mentre il loro unico reddito proveniva dall’insegnamento delle lingue, circondati da una piccola cerchia di amici leali che egli condusse sempre più profondamente entro i misteri del Cristianesimo attraverso un corso annuale sul Padre Nostro. In quegli anni, lavorò inizialmente nella Chiesa [Russa] Ortodossa. Poi, verso la fine della guerra, maturò la sua decisione: mentre era internato in un campo di profughi, si unì alla Chiesa Cattolica.
Era un grave errore secondo lui vedere in tale chiesa un oppressore della libertà spirituale o persino un inquisitore persecutore della religione e confonderla pertanto con il suo ‘doppio’ o ‘egregor’, che ogni istituzione ha in sé. Aveva imparato a riconoscere ed amare la vera chiesa ed era sufficientemente equanime per accettare il fatto che il suo alto profilo dovesse necessariamente risultare in un incontro trasformante col nazionalsocialismo di Hitler.
La motivazione della sua conversione non fu personale; questa fu anzi radicata nella coscienza e nell’amore per Cristo. Molti tra i suoi primi amici si sono chiesti se una mente così grande non avesse abdicato alla sua libertà ponendosi tra i ranghi dei membri della Chiesa. La sua esperienza non diede peso alle loro paure. La sua idea della libertà spirituale consisteva nell’aprirsi alla verità e alla bontà oggettive spogliate da simpatie e antipatie personali e nel riceverle col proprio essere eterno. In tal senso egli fu in grado di preservare la propria libertà e identità come cattolico. Il punto essenziale, che cedette alla sua incomparabile visione intuitiva, fu il messaggio che la Chiesa porta e serve, cioè trasmette, a tutto il mondo i misteri della tradizione da generazione a generazione, amministra i sacramenti, celebra le festività dell’anno liturgico, insegnando, benedicendo e protendendosi umilmente verso l’umanità in tutto il mondo. Semplice e colto, si unì ad essa in omaggio alla Santa Trinità, in riverenza verso i Santi e cantando i nostri inni natalizi, che tanto amava.
Chiunque nello spirito di una sincera ricerca della verità indaghi sulle più profonde basi della sua conversione troverà sufficiente illuminazione nella sua opera.
Negli anni del dopoguerra egli tenne conferenze in varie città della regione del Reno. Quanti assistettero alle sue prime conferenze ricordano con entusiasmo, ad esempio, come egli chiarì il significato profondo del Rosario. Nel frattempo distillò l’esperienza politica degli anni del nazismo in due trattati di filosofia della legge: Degenerazione e rigenerazione della giurisprudenza e I diritti umani come fondamento delle leggi internazionali. Gli fu conferita una laurea dalla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Colonia. Presso Mulheim sulla Ruhr, gli fu affidato l’incarico di rifondare la scuola per l’educazione permanente. Nel 1948 alcuni amici inglesi gli assicurarono un posto presso la BBC dove mise a profitto non solo la sua abilità linguistica, ma anche la sua comprensione e sensibilità politica. Visse dapprima a Londra e poi in un cottage in mezzo al verde vicino Reading, dove usò la biblioteca universitaria per i suoi studi notturni. Colse subito l’opportunità del pensionamento per dedicarsi interamente ai suoi manoscritti. La moglie, franco-polacca, in questo lavoro gli fu non solo una comprensiva compagna, ma molto spesso una congeniale collaboratrice. La sua profonda comunione spirituale con lei in una vita esteriormente appesantita dal fardello dell’incomprensione e dell’isolamento fu una sorgente senza fine di gioia terrena.
Riguardo al mio primo incontro con Valentin Tomberg - che, come cattolico e antroposofo, avevo cercato a lungo -, avevo sentito dire che egli era amico del professore di diritto pubblico di Colonia, l’emerito Ernst von Hippel, il quale avrebbe potuto mediare un mio incontro con lui, ma non riuscii a fare la sua conoscenza fino al 1967, quando fui inaspettatamente nominato suo successore, e così Tomberg mi fu presentato. Nei suoi ultimi anni Tomberg fu per me non solo un insegnante, ma anche un amico paterno di sorprendente calore e generosità. Nella conversazione egli alternava la più profonda gravità all’allegria disinibita, arguzia ed umorismo. Con lui ho sperimentato solo bontà, candore, infallibile giudizio e la massima chiarezza del suo essere. Ogni incontro, ogni sua lettera era in un certo qual modo rinfrescante, rinvigorente e rinnovante.
La mia diretta esperienza della sua vita e del suo pensiero mi permette di enfatizzare due punti. La sua attività ‘sociale’ fu diretta principalmente ai defunti del purgatorio, per i quali egli si adoperava giorno e notte per rendere a molti di loro pratica assistenza attraverso la preghiera. Sottolineava sempre come sia di particolare importanza che il ‘paradiso’ non venga inteso astrattamente; ma piuttosto come un ‘ambiente’ divino (Teilhard de Chardin) saturo della presenza di Angeli tangibilmente viventi e di altri esseri con nomi e distinzioni i quali lavorano, soffrono e partecipano al grande dramma della storia cosmica. Si riferiva normalmente a Dio come al ‘Padre’ e a suo Figlio come al ‘Maestro’. Si sforzava di raggiungere verso di Loro una perfetta obbedienza.
Durante una visita natalizia Tomberg aveva con sé vari manoscritti, il suo diario spirituale e vari schizzi, e mi affidò con cura fiduciosa la sua ultima letteratura. Per quanto in buona salute egli era consapevole dell’approssimarsi della morte; in ogni caso si trattò del nostro ultimo incontro: fu vittima di un colpo apoplettico poche settimane dopo e morì il 24 febbraio 1973. La morte colse sua moglie poco dopo, proprio come una volta egli aveva predetto con assoluta certezza quando discutevamo sui suoi progetti per la vecchiaia.
Io avrei dovuto pubblicare i suoi scritti quando il tempo fosse maturo, il che “in ogni caso non sarebbe dovuto avvenire prima di dieci anni”. Ho resistito con difficoltà alla seducente tentazione di alterare alcuni difficili o controversi passaggi o altri che avrebbero richiesto spiegazioni ampiamente dettagliate, preferendo chiedere ai lettori di non perdere la loro fede in Valentin Tomberg quando restano i dubbi. Per mia esperienza posso offrire due considerazioni. Più che convincere gli altri era per lui importante il rispetto per la loro libertà e sovranità spirituale e morale, che egli prese sempre molto sul serio nei suoi dibattiti e riflessioni. Inoltre egli replicava spesso alle domande con risposte elaborate che spingevano immediatamente le persone in una prospettiva del tutto nuova e rendevano queste risposte comprensibili in modo sorprendente. (Dr. Martin Kriele)