Federigo Tozzi (Siena, – Roma, 1920) è stato uno scrittore italiano, per lungo tempo misconosciuto. Poi è stato rivalutato solo molti anni dopo la sua scomparsa ed è ormai considerato uno dei più importanti narratori italiani del Novecento, oggetto di un'attenzione critica sempre crescente.
Nacque a Siena da Annunziata Automi, di origini povere, figura gentile e mite, con una salute fragile perché affetta da epilessia, e da Federigo Tozzi, detto Ghigo. Il padre era un uomo molto abile negli affari, ma piuttosto rude: i suoi momenti di collera e il suo disprezzo verso la cultura provocarono molti traumi a Federigo, dotato di una forte sensibilità. Ghigo, di origini contadine, possedeva il "Ristoratore il Sasso" presso l'Arco dei Rossi (è rimasto ancora com'era il cortile di pietra ove si aprivano le rimesse e le stalle ed è tuttora esistente il ristorante che ha, da pochi anni, ripreso il nome originale), e due poderi nei dintorni di Siena.
Il genitore non sopportava che Federigo perdesse tempo con la letteratura, piuttosto che aiutarlo nell'amministrazione della trattoria e dei campi. La figura paterna ispirò parecchi personaggi delle prose dello scrittore, come ad esempio quel cinico Domenico Rosi, genitore di Pietro, protagonista del capolavoro Con gli occhi chiusi. Dopo la morte della madre nel 1895, il padre nel 1900 si risposò e Tozzi trasporrà la matrigna in Luigia, personaggio de Il podere.
I contatti del ragazzo con la scuola si rivelarono subito difficili. Tozzi frequentò la scuola elementare in seminario e in seguito nel Collegio Arcivescovile di Provenzano, a Siena, dal quale fu allontanato per cattiva condotta nel 1895, anno in cui morì sua madre. Si iscrisse allora alla scuola delle Belle Arti, dove trascorse tre anni piuttosto burrascosi e ne fu espulso. Si iscrisse in seguito alle scuole tecniche e ne frequentò i corsi a Siena e a Firenze, ma con scarso profitto. Pur studiando in modo saltuario e molto disordinato, sviluppò un grande amore per la lettura, cominciando a frequentare la Biblioteca comunale di Siena, dove si formò una cultura aperta ai più diversi influssi, soprattutto a quelli della moderna psicologia. Nel 1902, essendo rimandato in alcune materie per l'ammissione alla terza classe, abbandonò per sempre gli studi regolari
Nel 1902 la lettura delle Varie forme della coscienza religiosa di William James influenzarono molto la composizione di Tozzi in testi come Paolo e Adele (pubblicati postumi a cura del figlio Glauco). Adele è il racconto di una giovane donna isterica, che vive rapporti conflittuali con se stessa, con i propri genitori e con l’ambiente circostante. Al 1902 risale l'inizio dell'intenso carteggio con una Annalena, Senhal, che Novale, raccolta di epistole, pubblicata postuma come diario intimo dell'autore, che ha poi dimostrato nascondere l'identità della futura moglie di Tozzi, Emma Palagi, conosciuta tramite una corrispondenza nata su un giornale. Sempre in questi anni iniziò il suo rapporto con una contadina alle dipendenze di famiglia, Isola, la cui personalità verrà trasposta in Ghìsola di Con gli occhi chiusi.
Nel 1913 fondò insieme al suo amico Domenico Giuliotti la rivista quindicinale La Torre, di carattere cattolico e nazionalista, coincidente con la sua conversione al cattolicesimo, che contribuì al carattere religioso delle sue opere. Di fondamentale importanza nel suo percorso di fede fu la scoperta dei due santi più rappresentativi di Siena, Santa Caterina e San Bernardino. Frequentando gli ambienti letterari senesi, conobbe la concittadina Vittoria Barbetti Gazzei, violinista e poi letterata, alla quale si ispirò per delineare la violinista Enrichetta Gastinelli nel racconto Dopo il concerto (in Novelle, 1913).
Nel 1918, per volere di Luigi Pirandello, che da maggio era alla guida del supplemento letterario settimanale del Messaggero, Tozzi lavorò assieme a Pier Maria Rosso di San Secondo nella redazione del Messaggero della domenica. La realizzazione di tale progetto editoriale rappresentò il momento culminante dell'incontro tra due dei maggiori narratori del primo Novecento.ù Fu questo finalmente il periodo in cui riuscì ad affermarsi e ad entrare in contatto con i maggiori scrittori e intellettuali dell'epoca (da Panzini a Pirandello e a Borgese); nonostante questo, la sua vita non era affatto facile. Pirandello e Borgese furono coloro che maggiormente credettero in lui. Il 21 marzo 1920, lo scrittore morì, colpito dall'influenza spagnola che gli causò una violenta forma di polmonite. Tozzi lasciò le sue opere per lo più inedite oppure disperse tra giornali e riviste: spettò al figlio Glauco il riordinamento del materiale che fu, in parte, pubblicato postumo.
Lo scrittore senese fu riscoperto dal grande pubblico molto tardi, negli anni sessanta, probabilmente a causa dell'errata interpretazione delle sue opere, fino ad allora genericamente ricondotte nell'ambito del Verismo. Solo la recente critica ha capovolto la visione di un Tozzi realista proponendolo come scrittore di stampo profondamente psicologico e vicino al simbolismo, paragonandolo a livello europeo alla prosa di Kafka e Dostoevskij. Fondamentali per la comprensione dell'opera di Tozzi sono risultati i contributi critici di due autorevoli studiosi, Giacomo Debenedetti e Luigi Baldacci L'opera di Tozzi, valutata nel suo complesso, segna una tappa importante nella storia della narrativa italiana del Novecento perché, proponendo una forma di romanzo tutta ripiegata sull'interiorità umana, si colloca fra la dissoluzione del naturalismo ottocentesco e le nuove dimensioni poetiche e psicoanalitiche (dal simbolismo al recupero memoriale di Proust).
Tozzi tuttavia non conosce Freud, giunge a conclusioni analoghe perché è uno scrittore "primitivo" che ha antenne per captare fenomeni culturali più ampi, è dotato di una grande potenza intuitiva. Senza molti strumenti si proietta in altre realtà. Tozzi si interessa molto di psicologia, ma non fa psicoanalisi; la realtà gli si impone con la violenza massiccia dell'incubo dell'esperienza personale per poi essere ritrasportata, sempre sotto forma di incubo, nelle sue opere.
Nelle sue opere si riscontrano sia il complesso di Edipo, sia il complesso di Prometeo. Tozzi utilizza le forme tradizionali del realismo solo per esprimere una sua particolare visione della realtà che ruota intorno all'inettitudine come inadeguatezza dell'individuo a reggere nuove richieste che la vita gli fa. I personaggi tozziani sono "incapaci di…". Nei romanzi di Tozzi si trova una sorta di rappresentazione lirica dello sbandamento dell'uomo di fronte alla cose. In questo Tozzi ricorda molto Joyce (Ulisse), Musil (L'uomo senza qualità), Kafka (Il processo), Svevo (La coscienza di Zeno, Una vita) e Thomas Mann.