Guidalberto Bormolini
I vegetariani nelle tradizioni spirituali
Il Leone Verde
pag. 152 - formato: 11,5 x 16,5 cm. - anno: 2202 - ISBN. 978-88-87139-22-8
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La tradizione vegetariana collegata ad un’esperienza di preghiera profonda è universale e antichissima. Gli stessi Padri amavano ricordare e additavano come ammirevoli gli esempi degli antichi filosofi greci, dei sacerdoti egizi, degli asceti indiani o delle comunità essene. Tale scelta, che è comune alla tradizione ebraica come a quella hindu, si affermò infatti sin dalle origini nella mistica cristiana e fu attribuita perfino agli apostoli. La storia del monachesimo ci mostra come il vegetarianesimo fosse ritenuto indispensabile alla preghiera profonda e contemplativa, divenendo tradizione consolidata in tanti ordini come quello Certosino, Minimo o Trappista. E' veramente sorprendente la quantità di Padri della Chiesa, Dottori e Santi che si attennero a una dieta vegetariana, che la consigliarono con vigore e che spesso furono costretti a difendere strenuamente contro gli oppositori. Tra questi basti ricordare nomi come San Girolamo, Sant’Ambrogio, San Bonaventura da Bagnoregio e San Tommaso d’Aquino. Al contrario di quanto spesso si pensi, le pratiche ascetiche partono di necessità da una valorizzazione del ruolo del corpo «Tempio dello Spirito» e questo viene messo in evidenza dai Padri e da tutti gli autori spirituali. La disciplina dell’alimentazione quindi non era ritenuta un esercizio di automortificazione, ma una pratica intelligente, collegata ad un cammino di crescita spirituale. La dieta vegetariana, unita a una seria esperienza spirituale, aiuta a mantenere il corpo in salute, a controllare le passioni per indirizzarle a fini elevati, a rendere lucida la mente e potenziare le facoltà intellettive, a elevare e rendere pura la contemplazione nella speranza di ritrovare la strada verso quell’Infinito Creatore che ha pensato l’uomo come essere spirituale e che desidera condividere con lui la Sua stessa natura.