È l’inizio dell’estate del 1842 quando Flush – un cucciolo di cocker spaniel di razza purissima, manto marrone tendente all’oro, coda folta, nessun ciuffo fuori posto – varca la soglia del numero 50 di Wimpole Street, a Londra, per essere regalato a una delle più grandi poetesse inglesi, la brillante e sventurata Elizabeth Barrett. Tra i due basta un’occhiata, un lampo di riconoscimento, perché nasca un’intesa. Finché, qualche tempo dopo, nella vita tranquilla di Flush entra un rivale: il poeta Robert Browning. Leggendo la corrispondenza di Elizabeth Barrett Browning, Virginia Woolf rimane così colpita dalle descrizioni che la poetessa fa del suo cane da decidere di dedicargli una biografia. Mescolando realtà e finzione, guizzi di umorismo e lampi di autentica poesia, Woolf ricostruisce la vita di Flush, che diventa non solo il racconto del rapporto unico e straordinario che si crea tra un cane e il suo padrone, ma anche un vivido ritratto della società vittoriana e un’acuta riflessione sulla natura umana, vista attraverso lo sguardo di un cane. E scopriamo così che a Virginia Woolf si addice lo straniante sguardo dal basso, del cane, che dal sottosuolo dei sensi, più che dall’empireo dell’intelletto, raccoglie la materia della propria visione.