Sri Ramana Maharshi
Ramana Maharshi (30 dicembre 1879 – 14 aprile 1950) è stato un mistico indiano ed un maestro dell'Advaita Vedānta del XX secolo. È uno dei saggi più celebrati in India. Dall'età di 17 anni visse la sua vita ai piedi del monte Arunachalla (nelle vicinanze della città di Tiruvannamalai), uno dei più sacri dell'India. Con il tempo numerosi ricercatori spirituali divennero suoi devoti e ricevettero i suoi insegnamenti, secondo cui l'essenza dell'essere umano è conoscenza senza limiti, beatitudine e completa libertà. Restó sul luogo fino alla sua morte nel 1950.
Sono nato a Tiruchuzi (Tirucculi), un villaggio del distretto Ramnad, il 30 dicembre del 1879. Sotto ispirazione Divina ho lasciato, per il bene, la mia casa nativa all’età di diciassette anni alla ricerca di Arunachala e sono giunto a Tiruvannamalai nel 1896.
Fu all’incirca sei settimane prima di lasciare per sempre Madura che avvenne il grande cambiamento nella mia vita. Fu improvviso. Sedevo tutto solo in una camera al primo piano della casa di mio zio. Era raro che mi ammalassi, e quel giorno la mia salute era perfetta, ma all’improvviso fui colto da una violenta paura della morte. Non c’era nulla nel mio stato di salute che potesse giustificarla, e non cercai di spiegarla né di scoprire se ce ne fosse un qualche motivo. Sentii solo: “Sto per morire” e cominciai a pensare al da farsi. Non mi venne in mente di consultare un dottore, i miei familiari o i miei amici; sentì che dovevo risolvere il problema da solo e subito. Lo shock della paura della morte spinse la mia mente verso l’interno e dissi fra me, senza formulare effettivamente le parole: “Ecco è venuta la morte; ma cosa significa? Che cos’è che sta morendo? È il corpo a morire”. E subito rappresentai la scena della mia morte. Mi adagiai con le membra stese rigidamente, come se fosse già cominciato il rigor mortis, e imitai un cadavere per dare maggiore consistenza alla ricerca. Trattenni il respiro e le labbra serrate, affinché non potesse sfuggirne alcun suono, né potesse essere pronunciata la parola “io” o qualsiasi altra. “Bene”, dissi fra me, “questo corpo è morto. Sarà portato al campo crematorio e là bruciato e ridotto in cenere. Ma con la morte di questo corpo io sono morto? Il corpo è l’io? È silenzioso e inerte, ma sento tutta la forza della mia personalità e perfino la voce di quell’”io” dentro di me, indipendentemente da esso. Così, io sono lo Spirito che trascende il corpo. Il corpo muore, ma lo Spirito che lo trascende non può essere toccato dalla morte. Ciò significa che io sono lo Spirito immortale”. Tutto questo non era uno smorto pensiero; lampeggiava vivido in me come viva verità che percepivo direttamente, quasi al di là del processo cognitivo. L’“Io” era qualcosa di molto reale , la sola cosa reale in quello stato, e tutta l’attività conscia associata al mio corpo era incentrata su quell’“io”. Da quel momento in poi l’“io” o Sé concentrò l’attenzione su sé stesso in maniera potente e affascinante. La paura della morte era svanita una volta per tutte. Da allora in poi l’assorbimento nel Sé continuò ininterrottamente. .
Non avevo letto nessun libro eccetto il Periapuranam, la Bibbia e brani del Tayumanavar o Teravam. Il mio concetto di Ishvara era simile a quello trovato nei Purana; non avevo mai sentito parlare di Brahman, Samsara, ecc. Non sapevo ancora che c’è una Essenza o Reale impersonale alla base di tutte le cose e che Ishvara e io siamo identici a essa. Più tardi, a Tiruvannamalai, quando ascoltai la Ribhu Gita e altri libri sacri, appresi tutto ciò e trovai che i libri analizzavano e denominavano ciò che io avevo sentito intuitivamente senza analisi né nomi.
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