Aleksandr Egorovic Vrangel', amico di Dostoevskij negli anni dell'esilio in Siberia, racconta che il grande romanziere addomesticò delle bisce per spaventare a morte le donne che si ostinavano a rubargli i fiori dalle aiuole. «In seguito», ricorda Vrangel', «ridemmo a più non posso per molto tempo, ripensando all'accaduto». Che Fëdor Michajlovic fosse un tipo particolare lo sapevano un po' tutti i suoi amici: mentre lo ascoltava leggere in anteprima ad alta voce il romanzo Povera gente, lo scrittore Grigorovic ricorda che «pieno di ammirazione all'inverosimile, qualche volta tentai di saltargli al collo; mi tratteneva solo la sua avversione verso le effusioni rumorose ed espressive». Abbiamo in fin dei conti un'idea un po' stereotipata di Dostoevskij: il grande scrittore cupo e meditabondo, tormentato dai suoi stessi pensieri, idealmente sempre emaciato come nelle foto in Siberia.