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Omero
Omero
Omero  è il nome con cui è identificato storicamente il poeta greco autore dell'Iliade e dell'Odissea, i due massimi poemi epici della letteratura greca. Nell'antichità gli furono attribuite anche altre opere, tra cui il poemetto giocoso Batracomiomachia e i cosiddetti Inni omerici. L'effettiva paternità della sua opera fu già posta in dubbio nei tempi antichi ., presso la scuola filologica di Alessandria d'Egitto). In epoca moderna, a partire dalla seconda metà del Seicento, si iniziò a mettere in discussione l'esistenza stessa del poeta, inaugurando la cosiddetta questione omerica
Il suo nome greco, potrebbe derivare da:  ho mḕ horṑn "colui che non vede" (la tradizione infatti lo vuole cieco; la cecità ha nell'antichità connotazione sacrale e spesso era simbolo di doti e di profonda saggezza. La mancanza della vista era colmata dall'ispirazione proveniente dalle Muse);   oppure ancor a da homērèin "incontrarsi"; vi erano infatti delle piccole riunioni, definibili anche assemblee, nei gruppi di "Omerìdi" che narravano quei canti che in seguito sarebbero stati i costituenti dei poemi più famosi dell'età greca arcaica.
La biografia tradizionale di Omero che può ricostruirsi dalle fonti antiche è probabilmente fantasiosa. I tentativi di costruire una biografia di colui che si è sempre ritenuto il primo poeta greco sono confluiti in un corpus di sette biografie comunemente indicate come Vite di Omero. La più estesa e dettagliata è quella attribuita, con tutta probabilità erroneamente, ad Erodoto, e perciò definita Vita Herodotea. Un'altra biografia molto popolare tra gli antichi autori è quella attribuita, ma erroneamente, a Plutarco.  Alcune delle genealogie mitiche di Omero tramandate da queste biografie sostenevano che fosse figlio della ninfa Creteide, altre lo volevano discendente di Orfeo, il mitico poeta della Tracia che rendeva mansuete le belve con il suo canto.
Una parte notevolmente importante nella tradizione biografica di Omero verteva intorno alla questione della sua patria. Nell'antichità ben sette città si contendevano il diritto di aver dato i natali a Omero: prime tra tutte Chio, Smirne e Colofone, poi Atene, Argo, Rodi e Salamina. La maggioranza di queste città si trova nell'Asia minore, e precisamente nella Ionia. In effetti, la lingua di base dell'Iliade è il dialetto ionico: questo dato attesta però soltanto che la formazione dell'epica è probabilmente da collocarsi non nella Grecia odierna, ma nelle città ioniche della costa anatolica, e non dice nulla sulla reale esistenza di Omero, né tanto meno sulla sua provenienza.

L'Iliade contiene anche, oltre alla base ionica, molti eolismi (termini eolici). Pindaro suggerisce perciò che la patria di Omero potrebbe essere Smirne: una città sulla costa occidentale dell'attuale Turchia, abitata appunto sia da Ioni che da Eoli. Quest'ipotesi è stata però privata del suo fondamento quando gli studiosi si sono resi conto che molti di quelli che venivano considerati eolismi erano in realtà parole achee
Secondo Semonide, invece, Omero era di Chio; di certo sappiamo solo che nella stessa Chio c'era un gruppo di rapsodi che si definivano “Omeridi”Inoltre, in uno tra i tanti inni a divinità che vennero attribuiti ad Omero, l'Inno ad Apollo, l'autore definisce se stesso “uomo cieco che abita nella rocciosa Chio”. Accettando dunque come scritto da Omero l'Inno ad Apollo, si spiegherebbero sia la rivendicazione dei natali del cantore da parte di Chio, sia l'origine del nome (da ὁ μὴ ὁρῶν, ho mḕ horṑn, il cieco). Erano queste, probabilmente, le basi della convinzione di Simonide. Tuttavia, entrambe le affermazioni, quella di Pindaro e quella di Semonide, mancano di prove concrete.

Secondo Erodoto Omero sarebbe vissuto quattrocento anni prima della sua epoca, quindi verso la metà del IX secolo a.C.; in altre biografie Omero risulta invece nato in epoca posteriore, perlopiù verso l'VIII secolo a.C. La contraddittorietà di queste notizie non aveva incrinato nei Greci la convinzione che il poeta fosse veramente esistito, anzi aveva contribuito a farne una figura mitica, il poeta per eccellenza. 

Inevitabilmente un'ulteriore discussione si accese sul rapporto cronologico esistente tra Omero e l'altro cardine della poesia greca, Esiodo. Come si può vedere dalle Vite, c'era sia chi pensava che Omero fosse vissuto in età anteriore ad Esiodo, sia chi riteneva che fosse invece più giovane, e anche chi li voleva contemporanei.
Sulla base di considerazioni approfondite sulla probabile composizione orale dei poemi (cfr. più sotto), la critica ha ormai da tempo quasi generalmente concluso che non sia mai esistito un distinto autore di nome Omero a cui ricondurre nella loro integrità i due poemi maggiori della letteratura greca.
 
 I numerosi problemi relativi alla reale esistenza storica di Omero e alla composizione dei due poemi diedero origine a quella che si è soliti definire "questione omerica", che per secoli ha cercato di stabilire se fosse mai realmente esistito un poeta di nome Omero e quali opere, tra tutte quelle legate alla sua figura, gli si potessero eventualmente attribuire; o, in alternativa, quale sia stato il processo di composizione dell'Iliade e dell'Odissea. La paternità della questione viene tradizionalmente attribuita a tre studiosi: François Hédelin abate d'Aubignac (1604-1676), Giambattista Vico (1668-1744) e soprattutto Friedrich August Wolf (1759-1824).

Una parte dei critici antichi, rappresentata soprattutto dai due grammatici Xenone ed Ellanico, , confermavano invece l'esistenza di Omero, ma ritenevano che non tutti e due i poemi fossero da ricondurre a lui, e perciò gli attribuivano unicamente l'Iliade, mentre ritenevano l'Odissea composta oltre cent'anni dopo da un ignoto aedo.
Nell'antichità furono soprattutto Aristotele e i grammatici alessandrini a occuparsi della questione. Il primo affermava l'esistenza di Omero, ma, tra tutte le opere legate al suo nome, gli attribuiva la composizione soltanto di IliadeOdissea e Margite. Fra gli alessandrini, i grammatici Aristofane di Bisanzio e Aristarco di Samotracia formularono l'ipotesi destinata a restare la più diffusa fino all'avvento dei filologi oralisti. Essi sostenevano l'esistenza di Omero e gli attribuivano soltanto l'Iliade e l'Odissea; inoltre, sistemarono le due opere nella versione che possediamo oggi e ne espunsero i passi a loro dire corrotti e integrarono alcuni versi.

Simili discussioni ricevettero uno scossone con la composizione dell'opera dell'abate d'Aubignac Conjectures académiques ou dissertation sur l'Iliade (1664, ma pubblicata postuma nel 1715), in cui si sosteneva che Omero non fosse mai esistito, e che i poemi come noi li leggiamo siano il frutto di un'operazione redazionale che avrebbe riunito in un unico testo episodi epici originariamente isolati.

In questa nuova fase della critica omerica, la posizione di Giambattista Vico, che solo in epoca recente è entrata a far parte della storia della “questione omerica”, riveste in realtà un ruolo importantissimo. Proprio nell'aposito capitolo della Scienza Nuova si ha infatti la prima formulazione dell'oralità originaria della composizione e della trasmissione dei poemi. In Omero, secondo Vico (come già aveva affermato d'Aubignac, che Vico non conosceva), non bisogna riconoscere una reale figura storica di poeta, ma "il popolo greco poetante", ossia una personificazione della facoltà poetica del popolo greco.
Friedrich August Wolf  avanzò nuovamente l'ipotesi che già era stata di Vico e di d'Aubignac, sostenendo l'originaria composizione orale dei poemi, che poi sarebbero stati trasmessi sempre oralmente almeno fino al V secolo a.C.
Infine, Eric Havelock ipotizzò che l'opera omerica fosse in realtà un'enciclopedia tribale: i racconti sarebbero serviti ad insegnare la morale o trasmettere la conoscenza e quindi l'opera avrebbe dovuto essere costruita secondo una struttura educativa.

 
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