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James Hillman, Sonu Shamdasani
Il Lamento dei Morti
La psicologia dopo il Libro Rosso di Jung
Bollati Boringhieri
Pag. 206 Formato: 15.5 x 22.5 Anno: 2014 ISBN: 978-88-3392-554-7
€. 23.00 €. 21.85 (-5%)
Abbiamo ucciso i morti, e adesso ci aggiriamo in una vita che è poco più di un pregiudizio, lontani dalla pienezza dell’esistenza.
Ecco il sintomo collettivo, la malattia di cui soffre la nostra cultura, e che le psicoterapie tentano invano di sanare.
Lo intuì un secolo fa C. G. Jung, quando iniziò quella discesa nei propri abissi inferi che avrebbe speso anni a trascrivere, calligrafare e corredare di immagini sfolgoranti, consegnando poi il testo a un silenzio infranto solo nel 2009, con l’edizione che lasciò stupefatti: il Libro rosso, favoleggiato da tempo nelle cerchie junghiane, vedeva finalmente la luce e la sua unicità ancora da decifrare scuoteva non solo l’edificio della psicologia analitica ma ogni altra costruzione concettuale eretta sul territorio della psiche.
Lì nulla potrà essere come prima.
È la convinzione comune di James Hillman, lo junghiano «eretico» più noto al mondo, e Sonu Shamdasani, che nella cura del Libro rosso – uscito con grande successo in traduzione italiana presso Bollati Boringhieri – ha profuso un molteplice ingegno.
Nel clima sintonico creato dalla loro spigliata libertà intellettuale, conversano a caldo sul significato di un’impresa per cui vanno cercate le parole adatte al di fuori dei linguaggi specialistici, in direzione metaforica, poetica e drammatica.
Attraverso il dialogo di Hillman e Shamdasani si precisa così l’entità dello scotimento.
La gerarchia dei vivi e dei morti ne esce capovolta, perché nel profondo di sé Jung non rinviene i traumi personali che l’abbaglio introspettivo è solito portare a galla; vi incontra invece le figure ancestrali della storia umana, i morti che lamentano di restare inascoltati.
Soltanto se presteremo loro orecchio e li riaccoglieremo tra noi, sapremo curare la nostra sofferenza di vivi, senza sacrificare un passato inconciliato a un futuro esangue.
È questo, ribadiscono insieme Hillman e Shamdasani, il vero lascito di Jung: un moderno «libro dei morti» che non contiene istruzioni per l’aldilà, bensì un viatico terreno per restituire a ciascuno l’«anima» vivente.
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