Provocare e inquietare il lettore è stata per Gide quasi una bandiera, certo una parola d'ordine. E I sotterranei del Vaticano, pubblicato nel 1914, l'anno stesso in cui prendeva il via l'immane e gratuito massacro di tutta una generazione, resta il più provocatorio, il più inquietante dei suoi tanti interventi. Questa sotie aggressiva ed "enorme" è satira e farsa, romanzo e pamphlet, sberleffo e manifesto; e la sua irriverenza non cessa di far centro, più di qualsiasi altra opera di questo scrittore così amato, così odiato, così discusso da vivo e così ingiustamente trascurato dopo la sua morte. La commedia degli inganni coinvolge: una banda di truffatori tra Francia e Italia, maestri del raggiro e del travestimento; dei borghesucci cattolici convinti di dover accorrere dalla quieta provincia francese a liberare il Papa, a Roma, dalla presunta e terribile prigionia in cui lo costringerebbe l'onnipossente Massoneria nei "sotterranei del Vaticano" (colui che appare pubblicamente come Papa sarebbe solo un sosia, un impostore); scienziati ferocemente atei e positivisti, bensì di facilissima e altrettanto fanatica conversione alla fede; scrittori che della fede sono i portavoce, mossi dalle peggiori delle vanità e sconvolti dai più atroci dei dubbi; e infine lui, Lafcadio, il bellissimo figlio segreto e ribelle di tanta ipocrita e sfibrata società borghese.