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Johann Wolfgang Goethe
Il Serpente Verde
Un prezioso gioiello della letteratura iniziatica
Bastogi Editrice
Pag. 70 Formato: 14,5 x 21 cm. Anno: 2003 ISBN: 978-88-8185-595-7
€. 6.00 €. 5.70 (-5%)
Di questa celebre fiaba inizaitca di Goethe sono note due recensioni, quella di Oswald Wirth dal punto di vista della Massoneria e quella di Rudolf Steiner dal punto di vista antroposofico.
Scrive, Owald Wirth, «Innanzitutto conviene domandarsi se il Goethe non si sia divertito a scrivere un racconto enigmatico, per l’unico piacere di incuriosire i contemporanei, e di far loro cercare un esoterismo de quale egli non aveva alcuna intenzione. Goethe si è orientato a lasciar credere che così fosse. Nessuno ha mai potuto ottenere da lui la minima chiarificazione sul significato del racconto. In una lettera a Schiller, egli si limita a dire: “Poiché i 18 personaggi implicati nell’azione sono altrettanti enigmi, gli amanti di enigmi devono trovare il loro significato.”. Deridendo poi gli sforzi degli esegeti, nel 1797 scriveva: “più di venti personaggi intervengono nel racconto. Che fanno essi dunque tutti quanti? Il racconto, amico mio”.
Verso il ventesimo anno di età, Goethe si era iniziato a tutte le conoscenze misteriose del passato. Appassionato allora per la Kabalah, l’Ermetismo, e soprattutto l’Alchimia, egli si immerse nello studio dei più celebri autori della Rinascenza. Voleva scoprire il segreto delle operazioni della natura e farsi una religione basata sul risultati delle proprie scoperte.
Quale lavoro ha egli compiuto nel proprio spirito, durante i lunghi mesi che gli furono imposti dal deperimento di salute, dal 1768 al 1770? Non è forse da questa epoca che una immaginazione così fertile come la sua si trovò fecondata da germi, che dovevano svilupparsi in seguito?
Noi sappiamo che il racconto non è stato redatto che nel 1795. Ma da quando era in gestazione nella sfera mentale del poeta? Può darsi che tale gestazione sia stata inconscia, sotto o sovra cosciente, se un bel giorno Goethe non ha avuto che da lasciare scorrere contemporaneamente penna e immaginazione, per creare un’opera genialmente coordinata. Egli stesso ha spiegato che le sue più belle poesie furono una sorta di sonnambulismo poetico.
Il Ponte da costruire secondo il sogno di Goethe ha raggruppato in Germania degli adepti, che si sono vivamente interessati alla interpretazione francese del Marchen. In quel paese come in altro, le associazioni iniziatiche si sono dissolte: ciò equivale alla morte del serpente verde e ala sua decomposizione in pietre luminose. Immersi nel Fiume della vita comune, i materiali dissociati scompaiono, ma l’energia costruttiva opera individualmente. Una affinità misteriosa riunisce sul fondo delle acque gli elementi dei pilastri che vivono, costruzioni madreporiche, destinate a sostenere il largo Ponte che unirà in un sol popolo la folla disparata degli umani.»
Ma che cosa narra la «Favola del Serpente Verde».
Una notte, il Traghettatore viene svegliato da due Fuochi Fatui che si fanno trasbordare sulla riva opposta del Fiume e lo pagano con delle monete d’oro, che il Serpente Verde, uscito dalla terra, si affretta ad ingoiare. Ciò lo rende luminoso; e ancor più luminoso diventa allorché chiede ed ottiene dai due Fuochi Fatui dell’altro oro. Il Traghettatore, però, non accetta l’oro ed esige la promessa che verrà pagato con tre cavolfiori, tre carciofi e tre cipolle: solo a quel punto lascia andare i Fuochi Fatui, che una forza inspiegabile aveva trattenuto.
Poi il Serpente entra in una grotta ove sono collocate delle raffigurazioni di Re, che gli rivolgono misteriose parole. Compare un Vecchio con la Lampada che, portata a termine una sua speciale missione (quale?), torna a casa, passando senza difficoltà attraverso le rocce. Sua moglie, durante la sua assenza, ha ricevuto la visita dei Fuochi Fatui, i cui scherzi grossolani provocano la morte del cane Carlino.
La notte successiva, il Vecchio torna a casa e opera una trasmutazione in onice del cadavere del cane; poi, mediante la Lampada, indora l’interno dell’abitazione, le cui pareti erano state denudate dai Fuochi Fatui.
All’alba del giorno dopo, la Vecchia si incammina per saldare il debito contratto dai Fuochi Fatui con il Fiume e per portare alla bella Lilia il Carlino di onice. L’Ombra del Gigante le sottrae un cavolfiore, un carciofo e una cipolla, ossia un terzo del prezzo richiesto dal Traghettatore ai Fuochi Fatui. Il Traghettatore non accetta il pagamento incompleto se non dopo che la Vecchia fa una promessa al Fiume, riconoscendosi debitrice nei suoi confronti.
Il Principe, intanto, sbarca a sua volta sulla riva con l’aiuto del Traghettatore e si avvia, accompagnato dal Vecchio; poi entrambi attraversano il Fiume sul dorso del Serpente, che funge da ponte. Anche i Fuochi Fatui, non visti, passano con loro sulla riva in cui abita Lilia, e così pure il Serpente.
Lilia, che ha il potere di rianimare le cose morte, ma anche di far morire le cose vive, fa rivivere il cagnolino di onice recatole dal Vecchio; mentre il suo amato canarino, per sfuggire ad un falco, si rifugia nel suo grembo e rimane ucciso dal contatto. Il Principe, che si stava avvicinando, assiste alla scena e, inorridito nel vedere la sua fidanzata che accarezza quel cane dall’aspetto deforme, decide di cercare la morte gettandosi nelle braccia di lei: e subito esala l’anima.
La situazione viene salvata dal pronto intervento del Serpente, che fa scudo al Principe con il suo corpo, e dall’Uomo con la Lampada, che sopraggiunge proprio mentre l’ultimo raggio di sole sta tramontando all’orizzonte.
Sopraggiunge, così, la terza notte dall’inizio della vicenda. Dopo aver vegliato il corpo del Principe, i Re passano il Fiume in processione sul dorso luminoso del Serpente; e ciascuno di essi acquista un po’ di quella luce. Da ultimo, il Serpente si sacrifica volontariamente e il Principe torna in vita, mentre le pietre preziose in cui si è dissolto il copro del Serpente vengono gettate nel Fiume. Intanto la processione entra nel santuario che si apre nel cuore della montagna; e, passando al di sotto del Fiume, sbuca all’esterno, presso la casa del Traghettatore.
Al mattino, si può constatare che il Tempio si è innalzato da solo. I re trasmettono al Principe un triplice potere: quello di agire, quello di riconoscere la bellezza e quello dell’intelligenza. Sorge il nuovo regno, con somma gioia di Lilia; mentre i suoi seguaci le conducono la Vecchia ritornata giovane e destinata ad essere, per altri mille anni, la moglie dell’Uomo con la Lampada, che il Principe ha nominato suo consigliere, insieme al Traghettatore, anch’egli trasfigurato.
Frattanto le pietre preziose nate dal corpo del Serpente, sott’acqua, si dispongono a formare gli archi e i pilastri di un lungo e bellissimo Ponte, che da ora innanzi renderà quanto mai animati gli scambi fra le due rive del Fiume, che prima sembravano separate da una distanza incolmabile. Un ultimo momento di drammaticità si verifica quando il Gigante tenta di scagliarsi contro il nuovo regno, ma viene trasformato in una statua di porfido nella piazza che sorge fra il Tempio ed il Ponte. La favola si conclude con la folla che si reca ad ammirare la nuova stupenda costruzione e l’avvio del nuovo regno felice; su di essa, i Fuochi Fatui fanno piovere oro in quantità.
Come si vede, si tratta di un racconto irto di simboli, avvolto in una fitta aura di mistero, che, in verità - ma questa è solo la nostra modesta impressione - non si distingue per particolari pregi artistici, poiché, a differenza del Wirth, che vi vede ogni sorta di bellezze, ci sembra che sia piuttosto caratterizzato da una certa pesantezza esoterica, che ne rende faticosa la lettura.
Ciascuno potrà sbizzarrirsi nell’esegesi di un testo così oscuro, anche se alcuni simboli non sembrano di troppo difficile interpretazione. Molti studiosi, ad esempio, hanno visto nel Fiume il Reno, nella bella Lilia la Francia, culla dell’Illuminismo, e nel nuovo regno felice la Germania, rischiarata dai Lumi del nuovo secolo. Il Tempio sarebbe quello della Massoneria e l’odioso Gigante rappresenterebbe le forze dell’oscurantismo e della superstizione che si sforzano, ma invano, di contrastare il progresso dell’umanità, avviata ad un futuro radioso: l’ottimismo illuministico e massonico trionfa nelle scene finali.
Dal punto di vista letterario, potremmo osservare che lo spirito tedesco sembra particolarmente affascinato da questa particolare versione del romanzo filosofico di matrice illuminista, arricchendolo di arcani umori e di significati profetici e visionari: è, in un certo senso, la stessa atmosfera, o comunque un’atmosfera molto simile, a quella che si respira nello «Zarathustra» di Nietzsche e specialmente nella quarta parte (che, per la verità, è anche quella artisticamente meno felice, appunto perché appesantita da un eccesso di allegoria).
D’altra parte, la voluta mancanza di qualsiasi indicazione da parte di Goethe rende la «Favola del Serpente Verde» suscettibile delle più diverse interpretazioni, col risultato che un po’ tutti hanno cercato di tirarla dalla propria parte; come già detto, rimandiamo all’esegesi dello Steiner per una lettura in chiave antroposofica.
A noi basta, per ora, aver richiamato l’attenzione su questa strana operetta del grande poeta tedesco, davanti alla quale è difficile non provare un forte senso di curiosità, dovuto alla dimensione esoterica che da essa allusivamente traspare.
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