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Judge Q. W.
Gli Aforismi Yoga di Patanjali
Un'interpretazione di William Quan Judge
Libreria Editrice Psiche
Pag. 86 Formato: 12 x 17 cm. Anno: 2000 ISBN: 978-88-85142-55-8
€. 8.27 €. 7.86 (-5%)
Riguardo alla vita di Patanjali poco, se non nulla, può essere detto. Esiste una vasta letteratura che si occupa di tutti gli aspetti e di tutti i tipi di yoga. Entro questa letteratura di base, gli Aforismi Yoga di Patanjali spiccano come l'opera più autorevole e feconda. Vi presentiamo un estratto dal primo capitolo:
1. In verità, l'esposizione dello Yoga, o Concentrazione, sta ora per essere fatta.
La particella sanscrita atha che è stata tradotta con "in verità", annunzia al discepolo che un argomento ben definito sta per essere esposto, richiede la sua attenzione e serve anche da benedizione. Monier Williams afferma che questa è “una particella di buon auspicio e di introduzione ma che spesso è difficilmente esprimibile in inglese."
2. La Concentrazione, o Yoga, consiste nell'impedire le modificazioni del principio pensante.
In altre parole, la mancanza di concentrazione del pensiero è dovuta al fatto che la mente, chiamata qui "il principio pensante", è soggetta a delle costanti modificazioni a causa del suo disperdersi su di una molteplicità di soggetti. Così la "concentrazione" equivale alla correzione della tendenza alla dispersione ed al conseguimento di ciò che gli Indù chiamano "il punto unico", o il potere di costringere la mente, in qualunque momento, a considerare un solo soggetto di pensiero, escludendone ogni altro.
È su questo Aforisma che si impernia tutto il metodo del sistema. La ragione dell'assenza continua della concentrazione è che la mente è modificata da tutti i soggetti ed oggetti che le si presentano; essa è, per così dire, trasformata in quel soggetto od oggetto. La mente perciò, non è il potere supremo o più elevato; essa non è che una funzione, uno strumento con il quale l'anima lavora, percepisce le cose e compie delle esperienze. Neppure il cervello deve essere confuso con la mente, non essendo a sua volta che uno strumento di quest'ultima. Ne consegue che la mente ha un suo proprio piano, diverso da quello dell'anima e del cervello, per cui si dovrebbe imparare a far uso della volontà che è anch'essa un potere distinto dalla mente e dal cervello, in maniera tale da usare la mente come un nostro servitore ogniqualvolta e per quanto tempo lo desideriamo, per considerare qualunque cosa abbiamo scelto, invece di permetterle di vagare da un soggetto all'altro, secondo le loro sollecitazioni.
3. Durante la concentrazione l'anima rimane nella condizione di uno spettatore senza spettacolo.
Questo si riferisce alla concentrazione perfetta che è lo stato in cui, dopo che sono state impedite le modificazioni di cui si parla nell'Aforisma 2, l'anima passa, ritrovandosi in una condizione ove non è più soggetta all'alterazione o alle impressioni prodotte da un soggetto qualsiasi. L’”anima” di cui si parla, non è Atma, lo spirito.
4. Nei momenti in cui non c'è concentrazione, l'anima assume la stessa forma della modificazione della mente.
Questo si riferisce alla condizione dell'anima nella vita ordinaria quando non è praticata la concentrazione e significa che allorquando la mente, l'organo interiore, è influenzata o modificata attraverso i sensi dalla forma di qualche oggetto, anche l'anima - che percepisce l'oggetto attraverso il proprio organo, la mente - si trova, per così dire, mutata in quella stessa forma, così come una statua di marmo, bianca come la neve, osservata sotto una luce cremisi, appare di questo colore allo spettatore e così rimane per gli organi visivi, durante tutto il tempo che questa luce colorata la illumina.
Indice
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