Nato nel 1938 in Giappone,
Kitaro (Masanori Takahashi) iniziò alla fine degli anni '60 a suonare musica rock in complessini hippie (Albatros e Far East Family Band). In quegli anni apprese a suonare il sintetizzatore e seguì Rajneesh. Soprattutto incontrò Klaus Schulze, e si lasciò suggestionare dalla musica cosmica. Dall'unione fra la spiritualità del guru e dell'elettronica di Schulze ebbero origine 2 album e con essi la sua carriera maggiore. Quei poemi sinfonici utilizzavano sitar, tabla e strumenti giapponesi (come il liuto biwa e il flauto shakuhachi), ed erano infarciti di vortici elettronici lenti e soffici, di melodie incantate alla Vangelis, di contrappunti synth-orchestrali, di effetti ambientali. Era una musica circolare, tempestata di accordi cristallini e cadenze cosmiche, che alterna cori tenebrosi e marziali a progressioni lente e celestiali.
Astral Voyage paga il debito con la musica cosmica tedesca, ma presentando da subito un approccio più religioso che pittorico: le tastiere s'inerpicano nel loro lento contrappunto all'insegna di un solenne raccoglimento, saldando la melodia salmodiante di un sitentizzatore e gli accordi maestosi di un organo. Il pezzo non ha svolgimento drammatico, è soltanto una preghiera.
Oasis è il lavoro in cui si consolida quell'iper- impressionismo, capace di trasporre in musica le sensazioni ebbre suscitate da un panorama naturale.
Silk Road è una lunga suite suonata interamente da Kitaro al sintetizzatore, alla chitarra acustica e alle percussioni. L'ouverture è una delle sue tipiche, dolcissime melodie, fatta ciclare e riciclare su timbri diversi. E' questa la maniera più universale di Kitaro: le melodie lente e maestose di Everlasting Road, Magical Sand Dance, Reincarnation e Tienshan, fatte vibrare nel cristallino intrecciarsi dei sintetizzatori, scaturiscono dalle tradizioni innodiche di tutte le civiltà musicali.
La Silk Road Suite per orchestra sinfonica che ne è stata tratta la traspone rinunciando all'elettronica, alterando l'ordine dei movimenti e aggiungendone altri.
Tunhuang è l'album in cui il suo stile descrittivo diventa assolutamente pittorico, come in Lord Of Wind, in cui il vento è reso attraverso il tintinno e i soffi delle tastiere in maniera del tutto sintetica, o in Flight, in cui la suspence rallentata delle tastiere dà la sensazione del librarsi in cerchi altissimi. Ki, con l'inno solenne e pomposo di Clouds In The Sky; Millennia, con la tenue poesia per flauto e violino di Cosmic Love che trascende in un sinfonismo marziale; India, con il delicato flamenco per violino tzigano e arpa di Caravansary che s'infiamma in una struggente melodia mediterranea per sintetizzatore e mandolino; Silver Cloud, con la struggente, "caykovskyana" Earthborn, l'apoteosi orchestrale e corale più faraonica forse della sua carriera.
Ciò non toglie che la musica conservi la sua essenza di preghiera, di salmo, di laude francescana alle meraviglie del creato, radiosa e ottimista, nell'ottica di un'elettronica non disumana e apocalittica, ma anzi umana e positiva, che sa armonizzare tanto le melodie pastorali del flauto quanto i patetici lamenti del violino. Ideale complemento a qualsiasi testo sulla meditazione orientale, la musica di Kitaro ha una qualità pittorica che la distingue nettamente da tutta la musica elettronica rock.