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Il ricordo del presente
saggio sul tempo storico
Il "déjà vu" è una inquietante patologia della memoria, in base alla quale ci sembra di rivivere sempre di nuovo qualche frammento del passato. La "fine della Storia" è l'idea, o lo stato d'animo, che caratterizza il senso comune postmoderno. Vi è un rapporto tra le due cose? La "fine della Storia" ha la sua radice nel fenomeno del "déjà vu"? Il libro di Virno comincia vagliando e approfondendo questa ipotesi. Bergson, Kojève, il Nietzsche antistoricista sono gli autori discussi da principio. Senonché, per chiarire la genesi e il significato dell'idea squisitamente contemporanea di "fine della Storia", occorre definire ciò di cui viene proclamato il tracollo: il tempo storico, per l'appunto. Quali sono le condizioni che rendono storica ogni nostra esperienza, anche la più marginale e innapariscente? Virno risponde tirando in ballo una coppia venerabile di concetti, che sta nel cuore della filosofia occidentale: potenza e atto. Propone anzi una interpretazione dei due termini in chiave temporale: potenza è non-ora, inattualità; atto è "adesso", presenza. Su questa base, si chiede se il tempo storico non sia costituito precisamente dall'intreccio permanente di potenza e atto, non-ora e "adesso", inattualità e presenza.
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